L'UOMO RAGNO
VICEVERSA

di Michele "Mickey" Miglionico

Introduzione
Benvenuti
nella seconda fase della mia lunga gestione de “L’Uomo Ragno”. Dal #26 della serie ho cercato di lasciarmi alle spalle le complesse storie passate e ho approfittato del primo episodio del nuovo corso per fare il punto della situazione, per presentare ai lettori un inedito status quo di Peter Parker e preparare il terreno alla trilogia “Viceversa”, che rappresenta uno scontro altrettanto inedito tra l’Uomo Ragno e Goblin, che cambierà irrimediabilmente il rapporto tra i due nel Marvel IT Universe.
Buona lettura!

Capitolo zero
#26- A BEAUTIFUL MIND

"Il mio nome è Peter Parker. E sono l’Uomo Ragno. Sto brandendo tra le mani un dvd-rom… dal titolo Peter Parker’s Spider-man. Che ironia della sorte, questo nome. Ho dovuto sudare settimane per realizzarlo… e finalmente eccolo qua. In un semplice disco, sono racchiusi dodici anni della mia vita. Dodici? Così tanti? O così pochi? A volte mi sembra ieri, che quel ragno radioattivo mi ha morso. Altre volte, quando mi rendo conto di essere sulla soglia dei trent’anni, mi sembra di essere in giro a fare il supereroe da… non so, quarant’anni. E adesso sono qui, in attesa che nei negozi venga distribuito questo DVD, che raccoglie qualsiasi foto, video o articolo che riguardi il mio alter ego mascherato. Molto del materiale è mio, naturalmente, ma non è questo che conta. Raccogliendolo, ho avuto occasione di fare un bilancio di tutti questi anni… e probabilmente è in pareggio, tra i pro e i contro. Certo, quest’opera non include episodi significativi della mia vita che non sono mai stati documentati, per esempio tutte le volte che ho salvato il pianeta da un’invasione aliena o da una minaccia mistica o cosmica e così via.
”Lavorare a questo progetto, purtroppo, mi ha costretto a ridurre drasticamente la mia collaborazione con il Daily Bugle, un luogo cardine della mia vita. Sono ancora collaboratore di Ben Urich e altri sulla pagina dedicata alla cosiddetta cronaca metaumana, ma sono stato costretto a sospendere la rubrica La Tela del Ragno. Tutto ciò che avevo da dire sull’Uomo Ragno l’ho infuso in Peter Parker’s Spider-man
”Ma il lavoro non mi manca. Sono stato promosso a responsabile del settore chimico della TriCorp Research Foundation. Hanno commercializzato il polimero della ragnatela artificiale (anche se siamo solo io e Twaki a chiamarlo così, informalmente; non voglio certo alimentare i sospetti sulla mia doppia identità!). Ho contribuito allo sviluppo una cura per l’
aids, la cui sperimentazione, da quel che ho potuto sentire, sta dando buoni segnali. E tutto questo mi sta creando grosse soddisfazioni, soprattutto perché fra pochi giorni dovrò volare a Orlando, in Florida: solo due settimane fa ho scoperto di essere stato nominato per sette American Chemical Society National Awards, i più prestigiosi premi statunitensi assegnati a noi chimici… e proprio  grazie alla sintesi del “polimero a ragnatela”, che è una formula molto più elaborata, sofisticata e versatile di quella che uso tradizionalmente nei panni di Spidey, migliorata grazie alla complessa ragnatela organica che posso sintetizzare da qualche tempo grazie all’Alto Evoluzionario . (Non vi annoio, fornendovi l’impronunciabile nome ufficiale del composto). E il bello è che non so ancora se vincerò… non è giusto, organizzare una manifestazione del genere come se fosse una premiazione di MTV!
Per rimanere in tema di carriere di successo, Mary Jane debutterà a Broadway a S. Valentino. E’ incredibile, è la co-protagonista di Moulin Rouge, avrà il ruolo che è stato di Nicole Kidman al cinema! Ho visto alcune prove dello spettacolo e, credetemi… mia moglie è una bomba, le lezioni di canto e ballo che ha seguito in Florida hanno portato alla luce qualità nascoste. Non che prima non sapesse cantare o ballare, anzi… è da quando la conosco che va matta per la musica e tutto ciò che ci gira intorno… questa è la realizzazione di un suo sogno adolescenziale, è felice come non mai. Potrà recitare, cantare e ballare… cosa potrebbe chiedere di più? Niente… la presenza della piccola May, poi, le ha dato una vitalità inedita. E questo vale anche per me. Il bisogno di andare a volteggiare viene sempre più soppresso dalla voglia di stare con mia figlia. E’ una vera benedizione, un tocco di vita. Tremo all’idea che possa succederle qualcosa… per fortuna sia Mary Jane che zia Anna sono estremamente protettive, nei suoi confronti.
- Peter, che fai, vieni con noi? – mi chiede mia moglie. Stanno tutte andando al teatro, per partecipare o assistere per l’ennesima volta alle prove dello spettacolo.
- Come what may… - canticchia adorabilmente May. Ormai ha imparato tutto il musical… e noi non possiamo fare a meno di sorridere quando la ascoltiamo.
- Verrei volentieri, ma dovesse succedere qualcosa alla TriCorp in mia assenza…
- Capisco… allora a dopo, amore – mi saluta, baciandomi. May si appende ai miei pantaloni, così capisco che devo chinarmi e dare un grosso bacio anche a lei.
- Ciao, ragazze…
La porta si chiude.
Diamine, come sono contento.

”Sto iniziando a fare la conoscenza di tutti i miei colleghi chimici, in questa zona della fondazione, abituato com’ero a lavorare a fianco di Morbius, Connors, Hardy e Caldrone… ma ho fatto bene a lasciare l’equipe, ho dato quello che potevo nella ricerca sanitaria e bisogna sapere quando è il momento giusto per ritirarsi… qui, invece, mi trovo molto più a mio agio, anche se qualche collega ha velatamente mostrato un certo risentimento per la mia improvvisa promozione. Ma non me ne curo…
- Allora parti dopodomani, Peter? – interrompe i miei pensieri Terry Kwain, la prima persona che ho conosciuto, qui dentro. E’ sempre stata molto disponibile, con me, e svolge il suo compito di supervisione egregiamente, da quanto ho potuto vedere lavorando qui.
- Sì… verrai con me e Twaki? Spero di sì…
- Penso di no, per ora, mi informerò se la cosa è possibile.
- Bene… ah, saputo più niente di quei movimenti finanziari?
- No, purtroppo… e sai quanto la cosa mi inquieti. Questo posto… ha una sua storia, un suo valore. Se dovesse passare nelle mani sbagliate…
- Nutro le tue stesse preoccupazioni, Terry. Tienimi informato… a dopo, allora – la saluto, andando nel mio ufficio ad indossare il mio camice. Ci sono un sacco di ricerche che devo seguire…”
 
”La mia vita continua a scorrere serenamente. Sono appena atterrato a Orlando. L’unica nota negativa è che posso godere solo della compagnia del dottor Twaki, il mio capo… mentre avrei voluto che fossero qui con me le ragazze. Ma tra il remore di Mary Jane a spostarsi in aereo e i suoi impegni con la compagnia… abbiamo preferito rinunciare. Si godranno la premiazione in cassetta…
- Emozionato, Parker?
- Ovviamente, dottore… non so nemmeno se vincerò qualcosa, ma la sola possibilità… è un onore, per me.
- Mi creda, mi meraviglio che non abbia ottenuto questo successo prima. Se permette, penso si sia dedicato seriamente al mondo della scienza… troppo tardi.
- E’ vero… ci sono state troppe cose che mi hanno portato a distrarmi…
Nel giro di un quarto d’ora arriviamo alla sala ricevimenti dove si svolgerà la cerimonia. Quanta gente! Ho bisogno di qualche minuto per ambientarmi…
- Signor Parker? – mi chiama qualcuno, facendomi girare. E’ stata una donna alquanto anziana a parlarmi, perlomeno a giudicare dalla pelle. I suoi capelli ricci sono ancora lunghi e innaturalmente neri. Mi dà l’idea di qualcuno che ha paura di invecchiare e che si dà da fare per impedirlo. E questa donna sembra ci stia riuscendo, mi sembra alquanto arzilla.
- Sì, sono io… in cosa posso aiutarla?
- Piacere – si presente, porgendomi la mano. Ricambio il gesto… - Sono Sharon Bateson e vorrei parlarle in… privato.
- Mi dica pure – la invito, facendomi seguire in un angolo della sala.
- Da un lato voglio farle i complimenti per i suoi successi nel campo della ricerca scientifica…
- Grazie…
- … ma voglio anche ricordarle che, con molta probabilità, non ha tutti i meriti delle sue scoperte.
- Come, scusi? – le chiedo, alquanto allarmato. Che sappia dei miei studi sugli archivi dello Sciacallo?
- Le dice niente il nome di Anthony Kane?
Pochi secondi bastano perché quel nome porti a galla ricordi che avevo accantonato da anni.

Avevo ricevuto da pochissimo i miei poteri da Uomo Ragno. E mi ero recato nella mia solita biblioteca per fare delle ricerche proprio sui ragni: avevo intenzione di scoprire il più possibile sulle mie facoltà e, possibilmente, cercare materiale utile per concretizzare una mia idea. E fu così che mi imbattei in… Anthony Kane.
Passai ore a studiare e a consultare gli archivi della biblioteca, finché non trovai qualcosa che potesse tornarmi davvero utile. Un numero di una elitaria rivista scientifica risalente agli anni quaranta, in cui si trattava proprio il tema della ragnatela artificiale. Purtroppo, quella sezione della biblioteca non era accessibile al pubblico. Ma non mi diedi per vinto.
- La prego, signor Giles… quel numero di Chemistry Today è indispensabile per la mia ricerca! – imploravo il bibliotecario, che ormai conoscevo benissimo da anni. E, sapendo che ero fondamentalmente un bravissimo ragazzo e che il mio interesse poteva essere davvero sincero, dieci minuti dopo mi consegnò, con quanta più discrezione era possibile, le fotocopie dell’articolo che mi interessava.
- Grazie! – continuavo a dirgli, mentre guardavo avido quelle pagine. Anthony Kane presentava la sua idea per la ragnatela artificiale e per dei primitivi lanciaragnatele… e fu quella la base su cui lavorare per sviluppare i miei.


”- La vedo pensieroso e stupito, signor Parker. Ho fatto centro? – mi ridesta un paio di secondi dopo Sharon Bateson.
- Io… lei conosceva Kane?
- Era
mio marito. Fu lui a creare per primo una ragnatela artificiale, ma i sovietici lo fecero fuori. E così è caduto nel dimenticatoio… finché, evidentemente, lei non ha ripescato i suoi appunti.
- Ripensandoci, ricordo di aver letto un articolo sulle ricerche di suo marito, ma… come penso abbia potuto constatare, il polimero che ho brevettato è molto più sofisticato…
- Ho constatato. Ed è per questo che non la denuncio e che non nutro… rancore nei suoi confronti. Volevo solo che ricordasse la memoria di mio marito… non solo a se stesso.
- Non mancherò di farlo, signora Kane. Apprezzo la sua… sincerità, ha fatto bene a ricordarmi questa questione. Ma… è venuta a Orlando apposta per parlarmi?
- E’ stato un buon incentivo. Sono una specie di scienziata anch’io, sa? Anche se negli ultimi vent’anni mi sono dedicata anima e corpo all’antropologia… sto per pubblicare un libro che potrebbe interessare al suo amico Uomo Ragno.
E’ inutile, ormai tutto il mondo sa che siamo amici.
- Davvero? Di che si tratta?
- Parla del rapporto tra l’animale e l’uomo nelle varie culture… e le leggende a questo riguardo. Un capitolo piuttosto corposo è dedicato proprio al Ragno.
- Davvero intrigante, non mancherò di riferirglielo e… di comprarlo, quando verrà pubblicato.
- Bene. E’ stato un piacere parlare con lei, signor Parker – sono le ultime parole che mi dice, andandosene. Questo incontro mi ha alquanto spiazzato, lo confesso. Proprio adesso che devo esporre a questo pubblico troppo qualificato il mio progetto…”

”E così, i minuti passano, mi ritrovo a vincere la mia timidezza e parlare ai miei colleghi con naturalezza, cercando di omettere quanti più possibili riferimenti alla ragnatela, se non voglio destare ulteriore sospetti sul mio alter ego. Ma questo è niente, rispetto all’agitazione che precede l’annuncio del primo premio che mi interessa…
- Il premio per la Chimica dei Materiali va alla formula del polimero a lunga catena di Peter Parker!
Il cuore mi sobbalza. Twaki mi sorride con fare paterno, è soddisfatto di me. Con le gambe in gelatina, mi alzo e mi dirigo sul palco. Sgranchisco la voce per recitare un discorso improvvisato:
- Vorrei dedicare questo premio ai voi colleghi, e in particolare ai ricercatori della fondazione TriCorp… al mio datore di lavoro, che mi ha sempre sostenuto fino all’inverosimile… - dico, facendo cenno con la testa verso Twaki - alla mia famiglia, senza la quale anche questo premio perderebbe il suo significato… e, ultimo ma non per importanza, non posso non dedicarlo anche al mio predecessore, Anthony Kane, che per primo, durante la Seconda Guerra Mondiale, ebbe l’intuizione per sintetizzare un polimero simile, intuizione di cui ho fatto tesoro. Purtroppo le sue ricerche sono state drammaticamente interrotte da loschi giochi politici: il mio augurio è che la ricerca scientifica non venga più influenzata da queste cose.
Un applauso parte dalle platea… e le mani di una commossa Sharon Kane sono quelle che battono più vigorosamente, a quanto pare. Mi sono riscattato.
Che emozione, ho i brividi. Anche i miei occhi sono lucidi.
E’ qui che puntavo, da quando zio Ben mi comprò il Piccolo Chimico, a dieci anni. Come uomo di scienza, posso ritenermi soddisfatto…
Mentre penso tutto questo, mi volto e vedo accanto a me lo sponsorizzatore del premio.
- Ecco a lei l’attestato, signor Parker.
- Grazie - dico semplicemente, mentre vengo abbagliato da un paio di flash dei fotografi. Sarà interessante vedermi sulle riviste specializzate di mezzo mondo…

”La premiazione va
avanti così. Delle sette candidature, ritiro sei premi. Per fortuna, ogni volta sono autorizzato a glissare il discorso, per non ripetermi. Continuo a ringraziare tutto e tutti…
- Sono fiero di te, ragazzo… sapevo fin dall’inizio che dovevo darti fiducia, nonostante i problemi che mi creavi per le assenze e cose del genere…
- Dottor Twaki, io… non potrò mai ringraziarla abbastanza per la fiducia accordatami, davvero.
L’ennesima persona mi si avvicina per congratularsi con me.
- Salve, signor Parker… i miei più vivi complimenti per il premio – mi dice qualcuno, stringendomi vigorosamente la mano.
- Grazie mille, signor…?
- Sean Capeshaw, preside della Facoltà di Scienze dell’Empire State University. So che si è laureato da noi, in Biochimica… è un onore per il nostro college.
- E’ un’ottima facoltà, ne deve andare fiero.
- Mi sto adoperando per renderla ancora migliore. Le interesserebbe una cattedra da noi?
Cosa? Una cattedra? Vorrei tanto smettere di sudare freddo, ma non me lo permettono
- Una… cattedra? Di che cosa?
- Di Biochimica molecolare. Conosco le sue ricerche in campo sanitario e, viste le sue ovvie referenze nell’ambito chimico, penso che nessuno meglio di lei possa tenere questo corso.
- Ehm… sarebbe fantastico. Forse è meglio parlarne a New York, con calma… che ne dice?
Devo assolutamente rimandare il colloquio con Capeshaw, sono troppo esagitato adesso.
- Naturalmente. Arrivederci, signor Parker.
Ma che sta succedendo, oggi? Che sta succedendo alla mia vita?

”Ventiquattr’ore dopo, sono a casa, accolto allegramente dalla mia famiglia. Metto su il nastro e ci divertiamo a rivedermi, imbarazzato, durante la cerimonia. Avevo proprio bisogno di questa dose di anonima normalità.
E’ anche per questo che, anche senza motivo, non appena posso, non manco di far visita alla redazione del Bugle, che è come una seconda casa, per me. Ma stavolta ho una buona ragione per tornare dai miei colleghi.
Mi imbatto in Robbie Robertson all’uscita dell’ascensore e non perde tempo a dire:
- Complimenti per i premi, ragazzo! Sapevo che quella era la tua vera vocazione…
- Stai forse insinuando che sono una schiappa come fotoreporter? – lo stuzzico con evidente ironia.
- Ah ah… no, assolutamente… anzi, adesso devi puntare al Premio Pulitzer!
- Eh, magari… a proposito, ho sentito che Ken Ellis è passato alla concorrenza… - cambio argomento.
- Ma no, gli è solo stato offerto un lavoro a San Francisco… in fondo, è stato lui a battezzare il Ragno Rosso ed è giusto che segua in persona le sue misteriose apparizioni sulla costa ovest…
- Probabilmente hai ragione… - gli dico, anche se sono un po’ preoccupato per Ben Reilly. Poi ci congediamo quando entra nella cabina dell’ascensore.
Guardandomi in giro, vedo Ben Urich smanettare con il suo terminale… se non sbaglio, quella schermata mi è familiare...
- Sto ancora guardando il tuo lavoro, Peter… - mi si rivolge di colpo, quasi leggendomi nel pensiero. Si gira solo un secondo verso di me, per poi tornare fissare il monitor. – E’ eccezionale, sta aprendo molte finestre, nella mia mente…
- Mi fa piacere, Ben… ah, ciao, Betty… - saluto la mia vecchia amica (nonché prima fiamma) che mi passa accanto. Cercavo proprio lei!
- Peter! Qual buon vento?
- Tanto per cambiare, ho bisogno di te…
- Parker! Cosa ti spinge a chiedere l’aiuto della Brant? Mi sembri saperla molto più lunga di noi…
- Ben, ho bisogno di informazioni sulla TriCorporation e sulle… transazioni che sta operando.
- Immagino ti stia dando un po’ di pensiero, visto che gestisce il tuo posto di lavoro…
- … e visto che sta per prendere il controllo delle Osborn Industries – completa la frase Betty.
- Già, ma non è solo quello… è l’intera faccenda che mi puzza.
- Peter, ho fatto un paio di ricerche sulla TriCorp… e mi ha inquietato il fatto che non sono riuscita a risalire ai suoi proprietari, anche se… a quanto pare sono tre.
- Il che giustificherebbe il nome – deduco.
- Non solo quello. E’ un’azienda nata dalle ceneri di tre industrie decadute in precedenza. Le Thompson Industries, le General Techtronics/Garid e la Multivex Corporation.
- Cosa? Io sapevo avesse una tradizione centenaria, che fosse stata fondata da Quentin Chase III, un mecenate della scienza…
- Ufficialmente. Ma è passata in molte mani, da allora, e ha assunto molti nomi. E’ impossibile ritrovare documenti sulla sua nascita.
- E poi… la Multivex ? Ma era un sussidiaria del gruppo Osborn! E… poco pulita, se permettete.
- Infatti Liz Allen e Mark Raxton non persero tempo a sbarazzarsene, quando stavano per venire a galla i loschi affari che si gestivano a loro insaputa – ci illumina Ben Urich.
- E’ indicativo che la TriCorp voglia… rilevare, per così dire, altre tre aziende del settore. E tutte in crisi, tra l’altro.
- Che conosciamo bene, dico bene, Betty?
- Purtroppo sì. Due di esse coinvolte più o meno nella triste “questione Facade”, se ben ricordi.
- Ricordo, ricordo… comunque mi stupisci sempre più come giornalista, Betty. Hai un’eccezionale spirito di osservazione.
- Grazie… proprio per questo penso che l’acquisizione della BryceCo. permetterà alla TriCorp di creare un polo europeo.
- Una vera e propria multinazionale della ricerca scientifica, in definitiva – conclude Ben.
- Sembra proprio di sì… grazie della chiacchierata, ragazzi… adesso devo far visita ad una persona.
- A presto, Peter… e salutami tuo cugino, se lo senti! – mi chiede, riferendosi a Ben Reilly.
- Certo… e voi salutatemi Jonah, che non l’ho visto!
- Non possiamo essere sempre tutti qui, Peter – mi ricorda Betty, e le sorrido.

”Scendendo, faccio una telefonata alle Osborn Industries e parlo con una segretaria. Ho bisogno di vedere Elisabeth Allen, presidente delle industrie Osborn, nonché mia vecchia amica, con cui ho purtroppo perso i rapporti. Per fortuna Liz ha acconsentito a vedermi, almeno secondo la sua segretaria. Ci siamo lasciati malamente, al funerale di Flash Thompson. E non abbiamo più avuto occasione di chiarire. Il tempo di attraversare la città e mi trovo davanti alla Osborn Chemicals. Mi mette i brividi, quel posto, se penso che ha indirettamente dato vita a Goblin, il mio peggior avversario.
Quando entro nell’ufficio, qualcuno si sta congedando da lei. Se la segretaria mi avesse avvisato, non avrei fatto questa cattiva figura…
- Ti chiamo più tardi, allora… - le dice un uomo corpulento, che riconosco essere Foggy Nelson, partner professionale di Matt Murdock, ossia Devil.
- Disturbo? – esordisco, imbarazzato. Quei due stanno di nuovo insieme, per quanto ne so…
- Entra pure, Foggy stava giusto andando via – mi informa Liz.
- Salve, Foggy.
- Salve, Peter! Tutto bene?
- Benissimo, grazie… ci si vede.
Abbiamo approfondito la nostra conoscenza durante il processo a Goblin, durante il quale mi ha difeso insieme a Matt. E siamo arrivati a darci del tu. Non appena la porta si chiude, mi siedo di fronte alla scrivania di Elisabeth.
- Ciao, Liz… come va?
- Abbastanza bene, grazie… a cosa devo questa visita? – mi chiede, con un tono difficilmente interpretabile.
- Innanzitutto vorrei che… i nostri rapporti ricominciassero ad avere un senso. Non mi è piaciuto come ci siamo lasciati al funerale e…
- Peter… è acqua passata. Avremmo dovuto farci prima un colpo di telefono, hai ragione. Fortunatamente, adesso sei qui e abbiamo occasione di ricominciare da zero.
- Grazie per la disponibilità, in questo senso… tutto bene con Normie?
- Non è mai stato così sereno…e  la piccola May?
- E’ un tesoro… penso che si dovrebbero rivedere.
- Sì, è una buona idea… se fanno amicizia sin da piccoli possono creare un forte legame. Ma di cosa volevi parlarmi, in concreto?
- A dire il vero, volevo conoscere qualche dettaglio sul futuro delle industrie. So che stanno passando alla TriCorp.
- Sì… non è un ottimo momento, per noi. Puoi facilmente immaginare cosa è successo durante e dopo il processo… ispezioni a valanga da parte della S.E.C, dell’I.R.S., del Servizio Segreto, dell’F.B.I. e chi più ne ha, più ne metta… e questo non ha permesso a nessuno di lavorare bene. Come se non bastasse, Mark ha deciso di fare… l’eroe in vendita, per così dire, e ha lasciato molte responsabilità vacanti.
- Sì, ho sentito parlare di questa fantomatica Justice, inc…[1]
- Credimi, l’offerta di acquisto che abbiamo avuto capita a pennello, anche se non conosco esattamente chi c’è dietro a questo, a parte quella vipera di Donald Menken.
- Cosa? E’ lui uno degli uomini della TriCorp?
- Sì… fu a lui che vendetti la Multivex quando iniziò a darmi grane… e solo adesso ho scoperto che fine ha fatto.
Assurdo… un uomo come quello dietro l’azienda per cui lavoro! Non oso immaginare gli altri due…
- E comunque – cambia discorso Liz - Normie deterrebbe la sua solita quota di azioni, quindi non ho scrupoli per questo aspetto.
- Capisco perfettamente, Liz… solo che vorrei capire come influirà tutto questo sul mio lavoro.
- Ho il sentore che ci sarà un forte ridimensionamento del personale, purtroppo. Tu non rischi niente, viste le tue credenziali… ma se molti dei chimici della tua fondazione dovessero passare a noi…
- Mi stai dicendo che potrei venire a lavorare qua?
- L’hai detto tu, non io. Ti ricordo che Mark, fino a poche settimane fa, aveva anche un ruolo come supervisore scientifico… ruolo che, per adesso, è ricoperto ad interim da un nostro dipendente. Ma penso che saresti perfetto tu per ricoprirlo…
- Io… sono lusingato, ma penso sia meglio aspettare prima che le transazioni azionarie finiscano, in modo da… valutare la situazione.
- Infatti ti avrei fatto questa proposta molto presto, ma mi hai anticipato chiedendo di vedermi…
- A proposito, che ne dici di vederci fuori dal lavoro, uno di questi giorni? Devo ancora festeggiare i premi che ho avuto e avrei intenzione di offrire una cena ai miei amici…
- Verrò molto volentieri! Fammi sapere quando hai notizie più precise…
Ci salutiamo abbracciandoci per qualche secondo. Se penso che un tempo ero cotto di lei… e che lei si prese a sua volta una cotta per me, quando io ormai ero impegnato… mi viene proprio da ridere. Ah, che nostalgia.”

Questa situazione non è concepibile
. Un Osborn non può essere confinato in una cella della Volta. Ero a un passo dalla vittoria... e la Torcia Umana ha rovinato tutto. Peter Parker è di nuovo sano e salvo. Da quanti mesi sono qui dentro, imbottito di dopamina per impedire che il mio alleato alieno venga alla luce? Ho perso il conto. Devo assolutamente fuggire... non ce la faccio più… ormai la mia reputazione è rovinata e c'è solo un modo per vendicarsi dell'Uomo Ragno e ricominciare serenamente a vivere... C'era un tempo in cui… ah… addirittura, avevo pensato di destabilizzare la psiche di Peter a tal punto da convincerlo a diventare il nuovo Goblin... il mio erede. In fondo il Ragno è un personaggio vincente e sarebbe degno di continuare la dinastia... ma, dopo tutto quello che è successo, non è più concepibile una cosa del genere. C'é bisogno di qualcosa di più radicale: e adesso ne ho i mezzi. 
Peter Parker diventerà un Osborn... ma in un altro modo.
Anche il simbionte condivide questo piano. Devo solo avere l'occasione giusta per metterlo in atto...


”Come ho anticipato a Liz, ho organizzato una festa con la scusa dei premi scientifici… in realtà ho solo bisogno di stare con persone con cui sono a mio agio.
- Qualche vecchio amico!? – mi urla sarcasticamente mia moglie, vedendo la lista degli invitati.
- Non volevo che qualcuno si offendesse, nel caso non lo invitassi…
- Come sei premuroso… del resto, sarò io a dover riunire qui tutta la famiglia Watson, per la prima volta dopo… che ne so, quindici anni!
- Non mi ringrazi per l’occasione che ti do?
- Grazie, grazie… e cosa dire dei tuoi colleghi del Bugle e della TriCorp? Abbiamo spazio, qui, ma fino a un certo punto…
- Vedrai, riusciremo. E non è detto mica che vengano tutti.
- Speriamo bene… la zia si dovrà ammazzare di lavoro per cucinare a tutta questa gente!
- Scherzi? Ordineremo qualcosa di pronto ad un ristorante, voglio che anche Anna si rilassi… penso si stia stressando, per stare dietro a May…
- Che tesoro – mi dice prima di abbracciarmi e baciarmi.

”Finalmente, il giorno del party è arrivato. Vedo Anna agitatissima, Mary Jane mi ha detto che fa sempre così quando ha ospiti, soprattutto se sono parenti… per fortuna che, da quel che mi hanno raccontato, i rapporti con molti di loro si sono ricuciti. Un primo passo è stato il ritorno di mia moglie, dopo la… notizia della sua morte. Il secondo… mi hanno detto che c’è stato quando stavano in Florida, ma non ne so granché. Ad ogni modo, i parenti di Mary Jane sono i primi ad arrivare: suo padre Philip… sua sorella Gayle, con i figli Thomas e  Kevin… suo zio Spencer, il giudice… e l’odioso Louis, il padre di sua cugina Kristy, con l’altrettanto odiosa moglie Sybil. Certo che se qualcuno avesse declinato non ci saremmo mica offesi… per fortuna sono arrivati tutti insieme, così rompiamo il ghiaccio in un botto…
- Salve a tutti! – esordisce Philip.
- Ciao! – rispondiamo tutti, in coro.
E’ una girandola di saluti e convenevoli, quella in cui siamo coinvolti nei minuti successivi, specialmente Anna, emozionata nel rivedere i fratelli. Non è da me essere ipocrita (tranne quando si tratta di proteggere la mia doppia identità), ma so quanto queste persone si siano rivelate insensibili, in passato, e non posso fare a meno di averne poca considerazione. Del resto, sono essi stessi a trasudare falsità da tutti i pori, tesi come sono a dare una stucchevole immagine da famiglia felice.
- Salve, Philip! Non ci vediamo da troppo tempo…
- E’
vero, ragazzo – mi dice mio suocero, dandomi una pacca sulla spalla.
Poi, finalmente, una piacevole sorpresa.
- Kristy! Da quanto tempo! – la accolgo, abbracciandola calorosamente. Diamine, è cresciuta… ed è diventata uno schianto, proprio come sua cugina. Sembra aver ripreso a mangiare, dopo i suoi problemi di bulimia… e si è formata nel modo migliore, a quanto vedo… se penso che aveva una cotta per me, anni fa… Peter! Tu ami Mary Jane. E hai quasi trent’anni.
E’ piacevole salutare anche i figli di Gayle: sono ancora ragazzini, non sono ancora del tutto perduti. E in questo periodo adoro i bambini, per forza di cose.
Dopo che i Watson si sono accomodati, sono sempre alla presa con la porta che suona. Continua ad arrivare gente…
Ecco che saluto Jameson, con sua moglie Marla, Robbie Robertson, con suo figlio Randy, Ben Urich, Betty Brant e Candace Nelson. Se fossero venuti altri colleghi del Bugle, avrei dovuto affittare un’altra casa.
A ruota, accolgo uno strano quartetto, quello formato dalla coppia Liz Allen e Foggy Nelson, accompagnati da Matt Murdock (che solo io, Nelson e Urich conosciamo anche come Devil) e dal piccolo Normie Osborn, che sgattaiola subito tra le mie gambe. Stranamente, Matt non ha portato nessuna donna con sé.
- Salve, ragazzi… sono davvero contento di vedervi!
- Grazie a te, Peter, di averci invitato… non capita spesso che un cliente inviti a cena i suoi avvocati – mi prende in giro Matt.
- Non capita spesso di avere buoni rapporti con i propri avvocati… ma questo è il mio caso. Ah, Foggy, tua sorella è già arrivata, è di là…
Chi me l’ha fatto fare? Fare gli onori di casa è davvero estenuante.
- Curt! Michael! Che piacere…
Sono arrivati anche i miei colleghi della TriCorp
. Oltre agli ex Lizard (con moglie e figlio) e Morbius, abbiamo anche Stan Hardy, con cui non ho avuto troppa occasione di fare amicizia, pur lavorando gomito a gomito, Terry Kwain e Twaki. Per fortuna Javier Caldrone ha rifiutato; penso sia ancora scosso, è stato da poco scagionato dalle accuse per la questione Skinhead.
E’ con piacere che faccio entrare la mia analista…
- Grazie di aver accettato, Ashley.
- Grazie a te, Peter… non vorrei destare troppo scalpore, però, con la mia presenza.
- Ma figurati… vedrai che nessuno dirà niente. E comunque non potevi non venire, sei stata… indispensabile, per me, in questi mesi.
Come risposta, ricevo un sorriso spontaneo.
E adesso manca solo una persona…
- Felicia!
- Chi non muore si rivede, tigrotto – mi dice la mia ex, abbracciandomi.
- Non farti sentire da Mary Jane, potrebbe chiedere i diritti d’autore… - le bisbiglio imbarazzato.
Finalmente possiamo andare a sederci. C’è un vociare quasi fastidioso, nel salone da pranzo. Do un’occhiata di insieme e vedo gran parte della mia vita… o meglio, le persone che la rappresentano. E subito mi vengono pensieri tristi, che non riesco a non condividere con gli altri. Mi riempio un bicchiere di vino, lo sollevo e dico:
- Grazie a tutti di essere venuti. Prima di cominciare, vorrei dedicare la serata a coloro che vorremmo fossero con noi ma che non possono, per nostra sfortuna.
Tutti rispondono al brindisi e sanno di chi sto parlando: zia May, zio Ben, Gwen Stacy, Harry Osborn, Flash Thompson, Ned Leeds e tanti altri… ma è superfluo e doloroso citarli. Meglio scatenarsi, per dimenticare.

”E’ divertente vedere Normie e May che si rincorrono spensierati, intorno al nostro tavolo. Non c’è verso di farli stare seduti. Lo stesso dicasi per i ragazzi: mi hanno subito chiesto se potevano usare il computer e non ho potuto dire di no. Adesso, i nipoti di Mary Jane e il figlio di Curt Connors stanno navigando in Internet, lasciando la postazione solo per venire a sgranocchiare qualcosa. Sembrano trovarsi bene, nonostante la differenza d’età.
- Tutto bene, Kristy?
- Sì, grazie, Peter… è da un bel po’ che la mia vita scorre tranquilla.
- Mi rincuora sentirlo… abbiamo passato un bel periodo, quando stavi qui, ma sempre tra alti e bassi… coi tuoi come va?
- Come al solito. Ci ignoriamo, praticamente, non sono capaci di comunicare. Ma che m’importa? Ormai ho diciotto anni, non ho più bisogno di loro… la fase più delicata l’ho superata.
- Ti capisco, ma pensa se non li avessi avuti proprio, i genitori… come me…
- Forse sarebbe stato meglio… del resto, i tuoi zii sono stati anche migliori di due genitori con te, o sbaglio?
- Hai ragione…
Mi fa piacere vederla mangiare in maniera sana.
Mi do uno sguardo intorno. Ognuno è impegnato in una conversazione. Vedo Ashley Kafka e Marla Madison discutere fittamente. Penso che, tutto sommato, si trovino bene, quelle due. Sono entrambe donne di scienza… infatti adesso stanno facendo conoscenza dei miei colleghi. Prima ho sentito nominarle il nome di John… immagino parlassero del figlio di Jameson, che ho visto lasciare questo universo. So che Jonah ne sta soffrendo… ma probabilmente anche Ashley, vista la relazione che c’era tra i due.
A due posti da me c’è Felicia Hardy. Con poca indiscrezione, cerco di captare un discorso che sta facendo con Mary Jane…
- Felicia, come va la tua vita sentimentale?
- Bella domanda, Mary Jane… in realtà sono ufficialmente single da molto… troppo tempo. Ma ultimamente… ho conosciuto un uomo che mi piace. Il problema è… che non so chi sia.
- Come?
- Non lo so, è un uomo del mistero. Ti confesso che mi imbarazza confessare di avere una cotta per qualcuno che non conosco davvero…
- Romantica, come cosa – commenta Mary Jane. Non capisco se è sarcastica o no.
- Ti prometto che non appena scopro qualcosa di più, ti chiamo e facciamo una bella chiacchierata tra donne…
- Non vedo l’ora.
Sono curioso. Per quel che ne so, gli unici uomini importanti della sua vita sentimentale siamo stati io e… Flash Thompson. Spero davvero che riesca a trovare un compagno in grado di darle… stabilità, ecco.

Sono costretto ad alzarmi spesso, per badare a May, per intrattenere gli ospiti, per sparecchiare e portare i piatti in tavola… è in uno di questi tragitti che Matt Murdock mi ferma.
- E’ bello vederti finalmente felice, Peter.
- Grazie, Matt. Vorrei condividere con te questo… stato, mi sento in colpa nei tuoi confronti.
- Perché?
- Io ho riavuto Mary Jane, la mia famiglia… mi sembra ieri quando tu mi consolavi per la sua… morte, ed io te, per la perdita di… Karen… e adesso…
- Non pensarlo, Peter… tu hai avuto una possibilità in più perché evidentemente lo meritavi.
- Non più di te. Matt… sai una cosa? Nonostante la nostra differenza d’età, il fatto che non ci frequentiamo in borghese e tutte le differenze  che possono venirti in mente… penso tu sia il mio migliore amico.
- E’ un onore, per me – mi dice, abbracciandomi amichevolmente. E so che non mi dirà mai “Anche tu”, visto che nell’altra stanza c’è Foggy Nelson… ma questo non è importante. Solo con lui posso davvero sfogarmi su ogni aspetto della mia vita. Non posso farlo nemmeno con Johnny Storm… prima o poi devo decidermi a rivelargli la mia identità…
- Trovo divertente essere nella stessa stanza con due persone che sanno il tuo… segreto – gli dico a bassa voce.
- Ti confesso che sono un po’ imbarazzato, ma niente di grave – mi sorride, tornando a tavola con la sua impostata andatura da non vedente. Camminando, vedo una strana scena. Kristy e Billy Connors si stanno chiudendo, furtivi, in bagno. Non oso immaginare le loro intenzioni. Purtroppo sono l’ultimo ad avere voce in capitolo: alla loro età, non andavo forse in giro con una calzamaglia a combattere il Dottor Destino? Quello che penso vogliano fare è molto meno pericoloso… soprattutto se la cura dell’
AIDS verrà sviluppata completamente in tempi brevi.

”Sono contento di aver contribuito a far… sciogliere un po’ i Watson. E’ alienante vedere Mary Jane e i suoi parenti ridere tra loro… se penso che immaginavo già volare i piatti! Da quello che ho sentito, stanno rinvangando vecchi divertenti aneddoti della loro storia… e penso sia il metodo migliore per recuperare il senso della famiglia che hanno perso da troppo tempo. Certo, probabilmente fra qualche ora ognuno sarà a casa propria e tutto tornerà come prima, ma mi rassicura pensare che mia moglie conserverà un bel ricordo come questo.
- Penso che dovremmo già pensare agli invitati delle nozze – mi dice Liz Allen, improvvisamente.
- Nozze? Di chi?
Non mi risponde, volta semplicemente la testa, facendomi notare quanto May e Normie si stiano divertendo insieme.
- Oh! Ti confesso che vorrei vivere abbastanza da vedere un Parker e un Osborn insieme…
- Anch’io, sarebbe un vero sollievo.
Il rumore di metallo sul vetro cattura la nostra attenzione. E’ Joe Robertson che vuole annunciare qualcosa.
- Vorrei fare un brindisi in onore del nostro Peter, che ha organizzato una serata così piacevole e che ci sta regalando così tante soddisfazioni!
- Sì, evviva Peter! – grida qualcuno che non riconosco dalla voce.
Nonostante le mie preoccupazioni iniziali, la serata volge alla conclusione e mi sembra sia andata benissimo. Avevo davvero bisogno di vedere le persone che contano per me e, soprattutto, fare in modo che si conoscessero. Adesso potrebbe diventare tutto più facile… era da tempo che non sentivo questa sensazione di benessere sul cuore…
C’è una riflessione che mi inquieta. Se sono arrivato all’acme della mia esistenza, il punto più sereno e soddisfacente della mia vita… da adesso la situazione può solo precipitare.”

Note
Vi ricordo che quando ho pubblicato questa storia l’Uomo Ragno compiva ben quaranta anni! Ho cercato di farlo implicitamente notare in apertura e non – vedi l’inedito flashback ambientato nella prima storia del personaggio - ma non fa mai male ripeterlo… “Amazing Fantasy”#15 fu pubblicato proprio nell’agosto 1962! Ringrazio Carlo Monni per l’intensa collaborazione sull’aspetto economico della “trama delle industrie scientifiche”! Senza di lui non so cosa avrei combinato… e lo ringrazio anche di avermi fatto conoscere Sharon Kane… per sapere chi è (prima di Spidey, che lo scoprirà a breve) correte a leggere il suo “Tramonto dorato” (#3-4)! E tenetela d’occhio… come alcune sottotrame che ho seminato in questo episodio (vedi la Gatta Nera, Ken Ellis, il libro di Sharon) e che verranno sviluppate sulle pagine di “Webspinners”.


Capitolo primo
#27- VICEVERSA – prima parte


Empire State University.
Peter Parker, segretamente l’Uomo Ragno, è al suo primo giorno di lavoro all’università, come docente di Biochimica molecolare. Gli fa un certo effetto tornare qui, quando solo un anno fa ha conseguito il dottorato di ricerca. Da allora, la sua carriera di scienziato è decollata, come desiderava da quando era ragazzo.
Non gli è neanche capitato di tornare all’ESU qualche settimana fa, quando il suo collega Javier Caldrone vi ha combattuto contro Ben Reilly, essendo stato posseduto dall’essere chiamato Skinhead . Ed è proprio per sostituire lui, allontanato a causa dei disordini che ha portato nel campus, che adesso Peter viene ad insegnare qua, anche se ufficialmente non c’è alcun nesso tra il licenziamento di Caldrone e la sua assunzione.
E’ un’esperienza nuova, per Peter… e in fondo persino superflua, non pensa di averne realmente bisogno, perlomeno a livello economico. Ha dovuto anche prepararsi adeguatamente per poter accettare l’incarico… In fondo, continua a collaborare con il Daily Bugle, ha un ruolo di responsabilità alla fondazione TriCorp, Mary Jane guadagna bene come attrice… perché assumersi un altro impegno, quando già deve barcamenarsi tra il lavoro, sua figlia May e l’Uomo Ragno? Conosce la risposta: se non si complicasse la vita con le sue stesse mani, non si chiamerebbe Peter Parker!
Sbriga velocemente le pratiche di segreteria e si fionda verso l’aula, per non rischiare di arrivare in ritardo, come è suo solito fare. Tanto per cambiare, preferirei combattere Kangaroo, pensa,  piuttosto che presentarmi di fronte ad una marea di studenti. Ok, forse non è l’esempio più appropriato. Ad ogni modo, ha le palpitazioni a mille, quando entra nell’immensa aula. Lo sguardo d’insieme lo inibisce, ci saranno decine di ragazzi, seduti ad aspettarlo, e la maggior parte di loro è poco più giovane di lui. Penseranno che sia un assistente o uno studente come loro. A guardare bene, ci sono solo due ragazze. Una delle due non è affatto male. Ma di questo dovrei infischiarmene, no? Sono un padre di famiglia.
- Buongiorno… io sono
Peter Parker, professore di Biochimica Molecolare – esordisce, e qualche fiacco saluto gli fa eco. Ma il mormorio di commenti si fa sempre più assordante. Qualcuno sorride, qualcun altro lo squadra o sussurra nell’orecchio del vicino qualche pettegolezzo sul suo conto. Spero solo di aver messo dal lato giusto il  maglione.
- Oggi ci agganceremo al programma che avete seguito con il mio predecessore, quindi scusatemi se sentirete una sensazione di dejà vu o se l’impostazione delle lezioni sarà diversa…
Sempre che questi abbiano ascoltato le lezioni di Caldrone…si dice sconsolato Peter, cercando di farsi forza.

La Volta, Colorado.
Norman Osborn, conosciuto come Goblin, è apparentemente solo, in questa claustrofobica cella. In realtà, nel suo corpo alberga il simbionte alieno appartenuto a Carnage. Inoltre, Cletus Kasady e compagnia bella non gli danno tregua: la loro follia rischia di contaminarlo ulteriormente, ma non li lascerà vincere... infatti, i fantasmi dei precedenti partner simbiotici dell’alieno continuano a infestare la sua mente come anime in pena. Retaggio di un’indelebile traccia di sé che hanno lasciato nel suo alleato extraterrestre. Ma la mia volontà è incrollabile, si dice risoluto, non mi farò sopraffare dalle loro voci, tantomeno mi assoggetterò alla volontà e ai desideri di un alieno. E’ solo un’arma… potentissima… nelle mie mani. Ha allenato per mesi il suo simbionte, affinando tutte le facoltà già acquisite grazie all’atmosfera terrestre e cercando di svilupparne altre, come quei cerebrolesi di Brock e Kasady non avrebbero mai saputo fare. E ha fatto tutto all’oscuro dei suoi carcerieri. Adesso non può più aspettare: è arrivato il momento di mettere in pratica ciò che ho imparato di poter fare… e andare via di qui.
- Argh! Argh! – inizia ad urlare come un ossesso. Fa tutto parte del suo piano. L’alieno si è ritirato nei più microscopici anfratti del suo organismo, alterando i propri valori fisici in maniera tale da risultare invisibile agli strumenti terrestri. Sono stato davvero un ottimo maestro. Eppure, continuo a meravigliarmi delle infinite facoltà di questa specie aliena. Intanto, le sue urla hanno attirato chi di dovere. Come supponevo, gli uomini credono sempre a ciò che vedono.
A torto.
Un Guardiano ha chiamato l’ufficiale medico. Ai suoi occhi Goblin ha perso non solo l’alieno, ma anche tutto il suo tono muscolare, le sue forze; sembra un naufrago ritrovato su un’isola deserta dopo mesi di stenti, quasi scarnificato. Anche i sensori del suo esoscheletro non rilevano niente: il suo calore risulta nella norma e non compare traccia di nessuna altra presenza. Tali e tante sono le capacità simulatorie del simbionte. Incautamente, il medico, rassicurato dalle rilevazioni, con un’apposita scheda magnetica, apre il portello di adamantio che chiude la sua cella e disattiva la griglia di microonde che la circonda, segnando il suo destino. Potrei attaccarlo in questo stesso istante, ma il mio piano ne uscirebbe indebolito. Osborn si fa trasportare in infermeria, recitando ancora la parte di un essere disperato. Questo finché, con velocità prevedibilmente disumana, il suo simbionte si manifesta in tutta la sua potenza, soffocando in un batter d’occhio il medico e il guardiano (uno soltanto, eh? Ormai devono essere pochi gli “eroi” che si assumono la responsabilità di sorvegliare dei metaumani pazzi, con un tasso di evasione altissimo e altrettanto per i rischi per la propria incolumità). Dopodiché, spoglia il carceriere della sua armatura e la indossa. Poi, utilizzando le abusatissime facoltà mimetiche dell’alieno, riveste il corpo nudo del Guardiano di una pellicola organica modellata sulle sue fattezze. Servirà allo scopo nei tempi previsti. Penetra a livello cellulare nel cervello del medico e altera la memoria di quello che è successo. Avrebbe potuto già testare la sua abilità più recente, ma l’impatto psicologico su Parker ne avrebbe risentito molto.
- Cosa… stavamo dicendo? – dice il medico, risvegliandosi come se niente fosse.
- Sta bene, dottore? – gli dice Goblin, camuffato da Guardiano – Ha detto che posso riportare il paziente in cella, il sedativo ha fatto effetto. Vado a fare rapporto.
Il medico non è troppo convinto, ma annuisce.
In effetti non mi sento troppo bene, le dispiace se mi distendo un attimo?
- Faccia pure – dice, lasciando l’infermeria con il carceriere svenuto tra le braccia. Lascia il dottore a riposare sul suo stesso lettino e chiude il suo nuovo, temporaneo sosia nella sua stessa cella; per poi uscire discretamente dal supercarcere, in tempo prima che i sorveglianti notino qualcosa di strano.
Sono libero! Poche ore di aereo mi separano dal mio obiettivo. Qui è piena notte e, tenendo conto del fuso orario, dovrei arrivare a New York nel pomeriggio…ragiona Goblin, quasi fuori di sé dall’eccitazione.

 

Forest Hills.
Quando Peter torna a casa, è alquanto stremato. Non è facile parlare così tanto, ad alta voce. Per fortuna non insegna a ragazzini scalmanati, i laureandi hanno perlomeno il pregio di avere un minimo di autocontrollo. Ad affossarlo, ci sono stati il preside della facoltà e il rettore del campus, che lo hanno tenuto costantemente d’occhio. Ma adesso sono qui, per fortuna…
- Com’è andata la tua prima mattina da professore? – gli chiede zia Anna, prima di tutte.
- Traumatica, ma il lavoro si prospetta soddisfacente – risponde, tra gli sbadigli. Ultimamente sto dormendo pochissimo, si lamenta tra sé. Un po’ per studiare, un po’ per andare a volteggiare, un po’ May che piange durante la notte… stamattina, probabilmente, è stata la Forza Enigma a farmi alzare dal letto.
- Adesso vieni a tavola che devi raccontarci tutto – lo chiama Mary Jane dalla cucina.

Le ore passano. Il pranzo scorre amabilmente, il focolare domestico è corroborante per Peter. Si è permesso di sedersi un attimo davanti alla TV… e si è fatalmente appisolato. Quando si risveglia dalla pennichella sul divano, con il televisore ancora acceso, si rende conto che le ragazze sono uscite. Certo che… adesso lo shopping, poi una passeggiatina nel parco, non prima di un salto al teatro per le prove… be’, non riesco a godere molto della loro compagnia, senza contare che Anna passa più tempo di me con loro. Ma non devo esserne geloso o invidioso: la mia vita è alquanto piena… tanto che fra pochissimo dovrei essere alla TriCorp! C’é un esperimento importante oggi a cui deve assistere… e ha appuntamento con Connors e Morbius al caffè della fondazione, avevano voglia di chiacchierare con lui… dovrà fare in fretta! Senza contare che Joe Robertson aspetta un pezzo da lui: secondo il contratto con il giornale, deve mandare un articolo o una foto (di carattere scientifico o superumano) almeno una volta alla settimana! Per fortuna che Johnny e Matt sono disposti ad aiutarlo, ogni tanto… anche indirettamente: quella recente folle, rivoluzionaria avventura con la Torcia sarà oggetto del suo prossimo articolo.
Cosa non farebbe per non lasciare il Daily Bugle, la sua seconda casa…
Si alza di corsa per andare a farsi una doccia veloce e per cambiarsi, ma un biglietto sul tavolo lo ferma.


Peter, non volevamo svegliarti, è evidente che sei molto stanco.
Siamo andate da Liz per far giocare un po’ la bambina.
Se fai in tempo raggiungici.
MJ


Oh, questo mi fa molto piacere. Sono contento che May faccia amicizia con Normie… e che i rapporti con Liz stiano tornando quelli di un tempo.
Il campanello suona. Già tornate? Il tempo di ricomporsi, poi va alla porta. Guarda nello spioncino della porta e riconosce una persona che non vede da molto tempo.
Jill Stacy?! Che ci fa qui? Nell’ultima e-mail che gli ha spedito non lo ha avvisato di una cosa del genere… non importa, è comunque una bella sorpresa. Le apre subito.
- Jill! Da quanto tempo! – la accoglie calorosamente.
- Ciao, Peter…
- Entra pure, accomodati – la invita, accompagnando l’invito con l’extraverbale.
La ragazza non se lo fa ripetere due volte.
- Grazie…
- Quando sei arrivata?
- Da pochissimo. Il volo è stato abbastanza stancante, però dovevo vederti subito – gli spiega, sedendosi su un divano del soggiorno e poggiando una borsetta accanto a sé.
- Grazie del pensiero… peccato che non hai avvisato prima…
- Volevo farti una sorpresa.
- Ma adesso Mary Jane non c’è, è fuori con May e Anna…
- Non preoccuparti, mi tratterrò a lungo, avremo tutto il tempo per chiacchierare. Adesso, invece, ho bisogno di parlarti a quattr’occhi.
- Dimmi tutto, ma… - cerca di inserirsi, per chiedere notizie di suo padre, ma Jill copre la sua voce, come se avesse timore di non riuscire a dire quello che la sua bocca sta per proferire. E io che dovevo andare a lavorare, pensa sconsolato Peter.
- Sono tornata perché ti amo. Non riesco a vivere lontana da te.

A casa di Elisabeth Allen…
Normie Osborn e May Parker stanno serenamente giocando con i loro pupazzi… per l’occasione, la bambina ha portato con sé l’action figure di Wonder Woman che le ha regalato suo padre al compleanno. Anna Watson sta vegliando su di loro, mentre sua nipote sta conversando con Liz.
- Ah ah! Davvero, Mary Jane… avevo voglia di fare questa chiacchierata dalla festa. Ne avevamo bisogno, vero?
- Sì, hai perfettamente ragione…
- Mi dispiace, perché è stata anche un po’ colpa mia se ci siamo allontanati… se… Harry non se ne fosse andato, forse vivremmo ancora tutti in questo palazzo! Ma voglio rimediare. Frequentare gli amici del liceo è… qualcosa di rigenerante, a mio avviso.
- Sì, ti fa sentire giovane anche con un bambino a carico…
- Sacrosanto! Ma dimmi… ho visto i manifesti di Moulin Rouge! Come vanno le prove? Non manca molto a S. Valentino…
- Vanno benissimo, mi sto divertendo come una matta… anche lì mi sembra di essere tornata ai bei vecchi tempi, quando mi scatenavo in discoteca! Naturalmente, avrai il tuo accredito per entrare alla premiere… ti voglio nel primo settore!
- No, dai… se ci guardiamo scoppiamo a ridere!
- T’immagini?
Le due donne iniziano già a ridere all’idea.

Forest Hills.
Peter guarda Jill stralunato. Cosa?! Cioè… ne avevo sempre avuto il sentore di… ma… sono un uomo sposato… come le viene adesso di… Detto questo, Jill approfitta del suo ovvio stupore per baciarlo intensamente; il ragazzo non riesce proprio a scansarla, né a staccarsi… ma… cosa? Una sensazione strana coglie Peter.
- Cough…
La lingua di Jill sembra aver triplicato le proprie dimensioni, gli è arrivata in gola, soffocandolo in pochi secondi, prima che Peter possa reagire. In breve, Spidey è riverso sul divano, svenuto.
Guardalo… il grande Uomo Ragno, soffocato da un semplice bacio, si gode la scena “Jill”. Questa era la parte più difficile del piano… appunto, trovare il coraggio di baciare la persona che odio più al mondo. Ma tutto è andato alla perfezione; ancora una volta, l’alieno è riuscito ad annullare il senso di ragno della sua nemesi. Le sembianze fittizie della ragazza lasciano posto a quelle di Norman Osborn. Ma il meglio deve ancora venire. I filamenti del simbionte li avvolgono completamente, mettendo in moto un processo messo a punto e studiato da settimane da parte di Goblin.
Uno scambio di menti.
Sembra fantascienza, ma non lo è.
Per quanto possa risultare alienante per Osborn, lui e Parker diventano tutt’uno, nel tragitto che porterà ognuna delle due menti nel corpo che non gli appartiene. Riesce a percepire perfettamente la sua rabbia e la sua disperazione, man mano che la consapevolezza di quello che sta accadendo lo coglie.
”Osborn… non è possibile!! Sei evaso? Mi avrebbero avvisato!” lamenta il Ragno, sul piano psichico.
”Evidentemente alla Volta non ti considerano un obiettivo sensibile!” infierisce il Folletto.
”Cosa mi stai facendo!?!”, gli chiede. Lo sento chiaramente confuso, che bello, si compiace Norman.
”Ti sto togliendo la vita… e dopo preferirai esser morto veramente. Ma non avrai questa soddisfazione… perlomeno non da me!” sono le ultime parole che sente pronunciare dalla mente di Goblin.
Il processo è incredibilmente completato.
Pochi secondi dopo, Norman si alza e fa mente locale. Non… non posso crederci! E’ tutto riuscito! Le mie mani mi stanno tastando, ma… è la verità, sono nel corpo di Peter Parker! Ho vinto!!! Lo capisce vedendo il suo vecchio corpo disteso sul pavimento, smunto come ha fatto credere al Guardiano della Volta… ma stavolta non è un’illusione. Ormai quel corpo è totalmente impotente. Invece io… sprizzo potere da tutti i pori. Si gode questa vista per quasi un minuto, ma teme che Parker possa risvegliarsi da un momento all’altro, nonostante il trauma che ha subito. Attento ad ascoltare il suo senso di ragno, Goblin prende il telefono più vicino e compone il numero verde dell’FBSA, scritto in bella vista sui numeri d’emergenza sopra l’apparecchio. Presto, l’Uomo Ragno sarà sbattuto in prigione.
Sono dieci minuti che Norman fantastica sulle prospettive che gli si sono aperte, che pianifica tutto ciò deve fare per non tradirsi, quando con un netto calcio, irrompe in casa un agente dell’FBSA con un fucile termico puntato.
- Signor Parker? – lo chiama, ma gli basta girarsi per vederlo, completamente adagiato sul divano, con Norman Osborn ai suoi piedi, ben legato.
- Sta bene? – gli chiede un suo collega, e Norman annuisce di sì. Finge di avere il viso contratto dalla paura.
- Ma come ha fatto a…?
- Io… non so… non è più legato a quell’alieno – recita  - lo vedo… più debole che mai. Dev’essere stato abbandonato, perché è bastato un pugno… e… ed è crollato!
- E’ stato fortunato, signor Parker. Ho saputo dalla Volta che hanno cercato di contattarla invano… ha cambiato numero, per caso?
- Ho cambiato casa… e anche numero, quindi – realizza in quel momento Norman. Che colpo di fortuna!
- Questo spiega tutto… l’ultima volta che è stato attaccato deve aver lasciato il suo vecchio recapito per ogni evenienza.
Una manciata di secondi dopo, irrompono in casa le donne.
- Cosa è successo!? – chiede la deliziosa Mary Jane, in procinto di far cadere la preziosa May.
- Maledetto Osborn! – impreca, teatralmente, Norman – Ha provato un’altra volta ad uccidermi!
- No, non è possibile… ancora?! – corre ad abbracciare quel che crede suo marito, mentre con gli occhi lucidi guarda il suo vero marito –ancora incosciente- mentre viene portato via. Anna Watson porta via la bambina per sottrarla a quel triste spettacolo.
Che visione celestiale.
Non posso crederci. Dopo tanto tempo, tante umiliazioni e sconfitte, trionfo. Troppo bello per essere vero.
Ha una vita perfetta tra le mani; la vita dell’Uomo Ragno, l’essere che più odia al mondo e che, adesso, impotente, dovrà scontare un ergastolo al suo posto. Può accedere alle sue cellule mnemoniche… e conoscere ogni dettaglio della sua meravigliosa vita… per Osborn sarà fantastico essere l’Uomo Ragno e allevare la piccola May Parker in modo da farle ereditare la maledizione di Goblin. Anche se potrebbe cambiare idea nel corso degli anni, chissà. Spero non accada. Ora deve solo cercare di non incappare in telepati e simili per tutta la vita… starà alla larga da Madame Web, innanzitutto. E dagli X-men… non sarà un grandissimo sforzo, per lui. Non li ha mai potuti digerire.
Pochi minuti dopo, la normalità è tornata in casa Parker.
- Oh, Peter… per fortuna che May era con me…
- Non preoccuparti… sai che ho la situazione sotto controllo. E poi… stavolta Norman era del tutto inerme.
- E' la cosa più spaventosa, quando le minacce arrivano in casa e nemmeno te ne accorgi...
Anna Watson guarda perplessa i coniugi. E’ preoccupata per le nipoti: vuole un bene dell’anima a Peter… ma da quando sta con lui, Mary Jane ne ha passate di tutti i colori. E teme sia per la sua incolumità che per quella di May. Ma non ha intenzione di contestare niente… è fortunata, in fondo, a vivere con loro, invece di essere relegata in una casa di riposo.

Norman Osborn entra nella stanza di Peter e si distende. Ancora non gli sembra vero. Chiude gli occhi… e richiama alla mente le informazioni conservate dalle cellule mnemoniche dell’Uomo Ragno. Vedo il passato di Peter… e quanto ha sofferto, soprattutto grazie a me. E’ esaltante. Pensa che con il passare dei mesi farà proprio tutto questo bagaglio di conoscenze… ma non ha intenzione di perdere la sua identità, la consapevolezza di questa situazione… una consapevolezza che gli riempie il cuore di soddisfazione.
Mary Jane entra in camera.
- Peter… come stai?
- Io… bene, cara. Non stare in ansia. Anzi… adesso devo andare al lavoro.
- Pensavo avessi bisogno di coccole…
Norman si blocca eccitato a quelle parole. Ma
- Ne ho più bisogno di quanto pensi… ma adesso devo scappare alla fondazione. Spero di… trovarti quando torno.
La donna gli risponde con un bacio infuocato.
Dio, grazie, pensa Norman, indossando una giacca per andare al lavoro.


General Hospital, un paio di giorni fa.
Adrian Toomes é su un letto d’ospedale, sveglio da poche ore, in un reparto specializzato in metaumani – se avesse la forza e l’autorizzazione per fare un giro nelle stanze adiacenti, vi troverebbe il suo collega Electro, oltre al dr. Strange, la Valchiria, SHOC e chissà quanti altri. Ma non può: il reparto è strettamente sorvegliato da agenti dell’FBSA.
Un colpo secco alla testa, da parte di un tentacolo del dr. Octopus, gli aveva provocato una commozione cerebrale tale da bloccarlo per mesi in un coma profondo[2]. Il trauma si è riassorbito abbastanza da farlo tornare nel mondo dei vivi. Aveva rischiato di morire di tumore, un tempo[3] , ma non gli sembra granché al confronto di quanto si sente spossato e vulnerabile adesso, dopo il risveglio.
Qualcuno sta accorrendo in suo aiuto. Senza essere annunciato, un'aitante giovane, infagottato in un elegantissimo completo blu scuro, in giacca e cravatta, irrompe nella sua camera. 
- Salve, signor Toomes - proferisce.
- ... chi é lei? Come ha fatto ad entrare? - chiede preoccupato il degente, sapendo che ci sono guardie giurate a sorvegliare la sua camera.
- Ho i miei contatti. Sono qui per farle una proposta, signor Toomes.
- Deve ancora dirmi chi... 
- Non sia
impaziente. Sono un membro della Confraternita degli Eterni. 
- Gli... Eterni?
- Ricorda il Juvenator, Toomes? 
Quella parola evoca sensazioni contrastanti nell'Avvoltoio: il misterioso ragazzo parla dell'apparecchio capace di trasferire energie vitali da un organismo ad un altro, permettendo al ricevente di riacquistare giovinezza e salute a discapito del donatore. Un tempo quella tecnologia  era nelle sue mani, ma gli era stata privata. E gli manca, ora come mai.
- Cos'ha a che fare con... ah! - realizza, facendo due più due - Eterni, ha detto?
- Esatto. Faccio parte di una società che si è impadronita di quella tecnologia, col benestare di governi e case farmaceutiche, e ne fa un uso esclusivo sui propri membri. I nostri scopi reali, per il momento, le rimarranno ignoti. Ciò che le chiediamo è di diventare il nostro principale collaboratore metaumano, in cambio di un trattamento permanente con il Juvenator.
- Permanente? Collaboratore?
- Il Juvenator è stato raffinato da nostri specialisti: adesso basta sottoporsi al suo effetto una volta sola per ottenere una giovinezza e una salute duraturi. Guardi me: dimostro forse i miei novant'anni? 
Toomes lo fissa quasi stupito, vedendo dinanzi a sé un ragazzo poco più che ventenne. Poi fa mente locale e si ricorda, con amarezza, che anche lui un tempo era così. Intanto l'uomo continua a parlare. 
- Sarà
nostro collaboratore in missioni, per così dire, poco lecite. Senza contare il vitto e alloggio che fornisce la nostra organizzazione. O il fatto che, usurpando le energie vitali di volatili, lei potrà acquisirne forza e indole. 
- Mi faccia ricapitolare: volete che faccia il vostro galoppino in cambio di libertà, vitto, alloggio, giovinezza, salute e potere? Cosa c'è sotto?
- Ai suoi danni, niente
. Ma l'avverto che le nostre missioni potrebbero rivelarsi molto impegnative. 
- Perché proprio me? E perché non sottopormi prima al Juvenator? 
- Non eravamo sicuri che accettasse. L'abbiamo scelta perché ha avuto il privilegio di essere tra i primi a usufruire dell'apparecchio e questo la rende un membro onorario della nostra organizzazione.
- Usciamo di qui. Adesso.
Per Adrian Toomes, si aprono mille nuove prospettive. E forse, altrettante per l’ennesima, misteriosa organizzazione segreta che infesta gli Stati Uniti.

TriCorp Research Foundation.
Café Pauli.
Michael Morbius e Curt Connors sono seduti ad un tavolo del bar del centro ricerche in cui lavorano, in attesa che li raggiunga Peter Parker. Del resto, abitano qui e il locale è a due passi dai loro appartamenti. Ma non perdono tempo e chiacchierano.
- A volte ho la sensazione che il mio vecchio male… sia dentro di me, pronto a riemergere[4]
– confessa Morbius - Ma è del tutto irrazionale… le analisi dimostrano che non sono più malato di vampirismo…
- Ti capisco benissimo, per me è lo stesso – replica Connors – soprattutto in questi giorni… ti ho detto dell’offerta che mi ha fatto la Bayer?
- Quale offerta? – domanda curioso Michael.
- Vuole finanziarmi perché riprenda in mano gli appunti sul siero di Lizard… e produca un farmaco genetico per la rigenerazione degli arti!
- Cavolo…
- Mi capisci
adesso? Se ricomincio quella ricerca… temo di poter scatenare qualcosa che, dopo vani tentativi, penso di essere riuscito a debellare… ma la prospettiva è allettante, da un altro punto di vista.
- Quello economico… oltre a quello umanitario – gli fa l’occhiolino.
- Esattamente… - sorride Curt alla provocazione.
- Notizie di Caldrone, per caso?
- No… dopo l’inchiesta e… le dimissioni forzate, per così dire… è proprio sparito dalla circolazione. Mi preoccupo, ma… in realtà forse ha davvero voglia di star da solo. E’ sempre stato un po’ asociale…
- Salve a tutti – irrompe
Peter Parker, apparendo davanti ai loro occhi e accomodandosi al loro tavolino. Il caffè per lui è già pronto, anche se ormai freddo.
- Oh, Peter, sei arrivato finalmente… problemi?
- Non ci credereste mai… Goblin è evaso e mi ha attaccato, in casa mia.
- No!
- E invece sì… per fortuna è tutto a posto adesso, è di nuovo in manette… spero che incidenti del genere non si ripetano più…
- Immagino sarai scosso…
- Credimi, dopo tutto quello che ho passato a causa sua… questo mi sembra solo un breve incubo notturno.
- Meglio così, allora…
- Di che parlavate? Del futuro della fondazione? – chiede sapientemente Norman, iniziando a bere. E’ un argomento scottante di cui è venuto a sapere solo poco fa, dopo lo scambio… e l’idea che la Osborn Chemicals passi in mano di altri lo manda in bestia.
- In realtà no… parlando di Goblin, però… ho sentito che la transazione della TriCorp per acquisire le industrie Osborn sia praticamente completata… ma non è questo il punto.
- E qual è? – chiede Norman, visibilmente interessato quanto irritato dalla questione.
- Sembra che tutte le risorse della fondazione… umane e non… verranno razionalizzate tra la Osborn, la Morelle e le Bryce… e questo significa licenziamenti!
- Twaki mi ha assicurato che noi tre non verremo toccati – li consola Connors - ma questo non significa che non mi dispiaccia per molti nostri colleghi.
- Già… questa transazione mi sembra nascondere più svantaggi che altro – commenta Norman – Ma parliamo di cose più allegre… come va la sperimentazione, invece?
- Abbastanza bene… la maggior parte dei pazienti sieropositivi o malati sta reagendo molto bene[5] … peccato che il procedimento sia molto costoso e il ministro della sanità sembri perplesso sulle reali potenzialità della cura.
- Davvero assurdo… ma – dice Norman, guardando l’orologio e ingoiando velocemente il fondo della tazzina – purtroppo sono arrivato in ritardo e tra due minuti devo assistere ad una dimostrazione… grazie – si congeda, lasciando sul tavolo i soldi per il caffè.
Per fortuna che sono laureato in chimica… non voglio rischiare di rovinare la mia nuova vita, e uno dei modi in cui potrei farlo è mandare all’aria questo lavoro, rimugina Norman, mentre si dirige verso il settore chimico. E devo scoprire di più sulla TriCorporation… chi può avere interesse a rilevare la mia azienda!?
Un paio di minuti dopo nel bar arriva Otto Octavius, senza che sia incappato in Peter Parker (per sua fortuna, ogni volta che succede si scambiano sguardi ambigui). Oggi è particolarmente furioso: ha appena scoperto che qualcuno è penetrato nel suo laboratorio sotto il fiume Hudson e ha portato via tutto il materiale che aveva ereditato dagli scienziati di Goblin. E, da quello che gli ha raccontato una volta Peter su uno scontro tra il Ragno Rosso e lo Sciacallo[6] … be’, l’unico ad avere un movente e il potere di far sparire tutto è l’Alto Evoluzionario.
- Salve – saluta Otto i colleghi che ha contribuito a salvare dalle proprie maledizioni. A dimostrazione di questo, i due lo salutano calorosamente… gli sono ancora molto riconoscenti e sono i primi a condonare il suo passato criminale, avendone anche loro uno. Lo invitano a sedersi con un gesto della mano e, nel mentre l’ex criminale è indeciso sul da farsi, un’ombra passa su di loro, proiettata da molto in alto. Si trovano in un open space, illuminato a giorno da una vetrata sul soffitto… una vetrata dalla quale entra fragorosamente l’Avvoltoio!
- Octopus! Cercavo proprio te! – grida il criminale, scendendo in picchiata sul suo ex collega.
No… cosa vuole da me? Non posso usare i tentacoli in pubblico e… ma come, è ringiovanito un’altra volta?,
si chiede Otto, mentre, del tutto inerme, viene afferrato per la camicia dal volatile e portato fuori dall’istituto.
- Cosa vuoi da me, Toomes? Hai scelto la giornata sbagliata per attaccarmi!
- E me lo chiedi anche?! Sei stato tu a mandarmi in coma, con quel tuo dannato tentacolo!
- E’ stato un incidente!!
- Sarà, ma oggi prenderò due piccioni con una fava – dice, lasciando cadere lo scienziato su un tetto da un paio di metri.
- Dimmi_cosa_vuoi! – sentenzia Octopus.
- I miei capi vogliono sapere come hai fatto a tornare così in gran forma!
- Perché, non posso essermi rivolto al tuo stesso chirurgo plastico? – ironizza Otto.
- Poco spirito, caro mio! Sputa il rospo, così poi potrò conciarti per le feste…
- Tu credi?
Improvvisamente, la camicia di Octopus si strappa in più punti, perché dai fianchi del dottore spuntano sei tentacoli metallici, che con la velocità del pensiero bloccano mani e piedi dell’Avvoltoio, riuscendo anche a tenerlo per il collo.
- E’… impossibile… mi avevano detto…
- Sapevano male. E adesso che la situazione è ribaltata, Avvy… - dice, stringendo sempre più il suo collo -…  come la mettiamo? Forse dovresti dirmi tu come hai fatto a ringiovanire…
- Io… non posso…
- Immaginavo. Di’ ai tuoi capi che sono in forma grazia ad una terapia genica che ho definitivamente perso. Ora vai… e non farti vedere più. Se oserai dire in giro qualcosa sui tentacoli o altro… sei morto.
- Cough – tossisce Toomes, libero dalla morsa – non finisce qui, Octopus.
Detto questo, l’Avvoltoio spicca il volo.
Che stronzo. Adesso devo trovare una camicia sana e inventarmi una scusa con i colleghi.
 
Carcere di Ryker’s Island.
Va bene, sono già stato in prigione – naturalmente per errori giudiziari. Ma non avrei mai pensato di finire al carcere di Ryker’s Island. Non in questo modo!, pensa sconvolto Peter. Prima di arrivare qui, lo hanno sottoposto a ogni genere di analisi, per appurare la reale mancanza dell’alieno o di ogni altra facoltà inumana. Ha tentato per i primi dieci minuti di convincerli che non è Norman Osborn, ma invano. Speravo che almeno mi bollassero come pazzo e mi mandassero all’istituto Ravencroft. Avrei potuto chiedere l’aiuto di Ashley! E invece sarebbe stato troppo facile…
Adesso lo hanno smistato qui, attenti ad impedire al simbionte di ricongiungersi al suo ospite - ignari dell’inutilità della preoccupazione, giacché l’alieno è già in simbiosi con il suo ospite prediletto… ossia, il corpo dell’Uomo Ragno.
Sento gli sguardi di tutti su di me, sia quelli dei criminali che quelli delle autorità. Lo scandalo che ha circondato Norman Osborn ha fatto breccia nell’immaginario collettivo di tutti.
Gli viene un colpo quando vede, dietro delle sbarre, uno speciale ospite del carcere. Eddie Brock, fino a qualche tempo fa conosciuto come Venom. Che ironia della sorte… un altro disgraziato come me, beffato da un simbionte. Si guardano per un lungo istante, entrambi carichi di stupore. Ma Brock per altri motivi, naturalmente vede solo Osborn.
- Due nemici dell’Uomo Ragno, caduti in disgrazia, vicini di cella… buon divertimento - ironizza un secondino, dando l’ultima mandata alla serratura delle sbarre.
Incredibile, io e Brock siamo rinchiusi l’uno di fronte all’altro! Mi convinco sempre più di essere lo zimbello del destino…
Peter siede sulla brandina e guarda fuori dalla finestra sbarrata, per evitare lo sguardo di Eddie. Penso di non essere mai sceso così in basso. quando mi hanno convinto di essere il clone di me stesso… né quando Kraven mi ha seppellito vivo e si è sostituito a me. No, no, tutto questo va oltre… è la concretizzazione delle mie paure più recondite e nefaste. Gli viene spontaneo dare un fortissimo pugno al muro per sfogare la rabbia… ma si fa molto male. Ahi! Devo ricordarmi che questo corpo è debolissimo, Goblin ha pensato bene di togliermi ogni speranza… vorrei urlare per il dolore alla mano… vorrei urlare per la disperazione, più che altro. Non posso pensare a mia figlia… a mia moglie, tra le braccia di quell’essere! Pensavo di essere un uomo forte… riflette, piangendo dalla rabbia. Non mi sono mai sentito così impotente.

Più tardi, a Forest Hills.
Norman Osborn è
tornato dal lavoro. Si meraviglia di se stesso, si sta immedesimando nel suo nuovo ruolo con incredibile velocità. E sta ancora valutando il da farsi. Del resto, chi gli corre dietro?
Nonostante sia stanchissimo, prima di cena Mary Jane lo chiama da parte.
- Tutto ok? Ti vedo particolarmente strano, oggi…
Non deve sospettare nulla!
- Forse hai ragione tu… ritrovarmi Goblin in casa mi ha sconvolto più di quanto voglia ammettere…
- Come sospettavo, hai bisogno di rilassarti…
C’è una parte di sé che inorridisce a tutto questo: Mary Jane Watson non meriterebbe niente, ha preferito Peter Parker a suo figlio Harry, a cui ha spezzato il cuore… come può lasciarsi andare impunemente con lei, sapendo che l’ha già fatto suo figlio e con un rancore arretrato a suo carico? Però ci sono molti fattori che controbilanciano questi sentimenti negativi: lui adesso è un ragazzo nel pieno della maturità, lei è una bellissima ragazza, e, in fondo, non può biasimarla di aver scelto l’Uomo Ragno come compagno, si è assicurata un consorte importante e vincente. In ogni caso, poi, non deve destare sospetti.
Così, in un paio di minuti, sono entrambi nudi, avvinghiati, sotto la doccia.
Eccezionale, questa donna… grazie alla clonazione, ha gli attributi di una ragazza matura e la freschezza di un neonato… comprensibile, in fondo il suo corpo ha pochi mesi di vita… ma la sensazione che provo nel fruire di tutto ciò è inebriante, indescrivibile… ho ripreso ad avere una vita sessuale nel migliore dei modi, dopo mesi di castità non voluta…
Certamente Mary Jane sente che suo marito è passionale come non mai, curioso e scrupoloso come se fosse la loro prima volta. Penserà che sia colpa dell’ennesimo faccia a faccia con Goblin, che lo rende così bisognoso d’affetto e di allentare la tensione. Lo accontenterà, se è questo che pensa lui voglia. In fondo è suo marito, niente le fa pensare che non lo sia. E a quanto pare, non sta smentendo le supposizioni di Goblin…
Oddio, riesce solo a dire o pensare Norman.

Ryker’s Island.
Peter ha pianto in silenzio, in un angolo, per molto. Non ha mai sentito annullarsi così la sua forza di volontà. Sta cercando una soluzione a tutto questo… ma non gli viene nessuna idea fattibile. E ha cercato disperatamente di rifuggire la vista del fu Venom… ma non ci riuscirà a lungo.
- Psst! Osborn! – lo chiama infatti Eddie.
- Cosa c’è, Brock?
- Vedo che anche tu hai perso il tuo simbionte. Ma la sai l’ultima? Il mio mi ha lasciato in eredità il potere dell’Uomo Ragno. [7]
Gli occhi del corpo di Norman Osborn strabuzzano
.
Dev’essere un segno del destino, altro che uno scherzo!, capisce Spidey. Se dice la verità, devo assolutamente usufruirne. Ma come?
- Proprio così – continua Brock - Potrei approfittarne per evadere, ma fra poco mi concederanno la libertà vigilata, me lo ha assicurato il mio avvocato.
- Perché mi dici tutto questo?
- Perché ti devo la vita, Mr. Osborn, e per questo ho fiducia in te. Posso chiamarti Norman, vero?
- No, perché io non sono Norman Osborn.
- Come? Prego? – gli chiede Eddie con un sorriso di compassione. Pensa che sia impazzito del tutto.
- Libero di non crederci, ma io sono Peter Parker – gli rivela, abbassando ulteriormente il tono di voce. Spero non rimbombi tutto, in questo corridoio! Sinceramente, però, a questo punto me ne importa relativamente…
- Che
? Chi pensi di prendere in giro? - è il suo commento.
Spero inizi a nutrire dei dubbi; da quello che deve aver saputo del processo Osborn, il vero Norman non sa che Peter è l’Uomo Ragno, pur avendocela con tutti e due
- Sono serio, Eddie… se tu hai i miei poteri e uscirai presto di qui, sei l’unico che può aiutarmi.
- Norman, io…
- Ascolta ciò che ho da dirti, poi giudicherai.
- Vai pure, tanto dobbiamo ammazzare il tempo.
Così Peter racconta alla sua vecchia antitesi un resoconto dettagliato del dramma che gli è capitato. Probabilmente Eddie è riuscito a capire la metà della narrazione, data la distanza che li separa, ma potrebbe essere ugualmente determinante.
- E’ una storia assurda! L’alieno non può fare quello che dici…
- Lo credevo anch’io, ma più vive sotto questo sole, in questa atmosfera, più continua a mutare ed evolversi…
- Ehi, voi! Volete fare un po’ di silenzio!? Questo cicalio nelle orecchie… – li redarguisce una guardia.
I due provano ad abbassare ulteriormente la voce.
- Prova a convincermi che non menti – chiede Brock.
- Ci provo
. So che una volta abbiamo combattuto su un’isola sperduta e ti ho fatto credere di essere morto. O che una volta io, te e il Ragno Rosso siamo stati sul pianeta dei simbionti. Non penso siano informazioni di dominio pubblico.
- Queste cose puoi averle scoperte quando ero dentro di te.
- Sai meglio di me che non c’è stato nessun flusso di ricordi tra te e Goblin, vista la resistenza opposta dal tuo amico alieno. E te lo posso dire perché ho accesso ai ricordi di Osborn. Quel che so di te, invece, lo so per diretta esperienza, dai nostri incontri e scontri.
- Ammesso e non concesso che tu sia davvero chi dici di essere… cosa vuoi da me?
- Fammi uscire di qui, appena ti scarcerano.
- Cosa?!
- Sei la mia unica speranza, Eddie.
Il culturista biondo non risponde, sta evidentemente riflettendo.
- Forse, Osborn. Ti concedo il beneficio del dubbio.
- Cosa? Tu lo concedi a me? Non dovrei rigirare la frittata, ma… come posso fidarmi io di te? Prima di scoprire la verità, hai praticamente giurato fedeltà a Goblin!
- Solo per avere una coesistenza pacifica, Ragno. Spero che, aiutandoti, ti renderai davvero conto di quanto sono cambiato… o meglio, di come sono realmente senza l’influenza negativa dell’alieno. E spero che non intralcerai davvero più il mio cammino… nell’eventualità in cui dovessi aiutarti.
- Ora basta! – grida la guardia di prima – volete che vi separi?
Ok, approfitto del silenzio imposto per pensare un piano che coinvolga Brock… vediamo, potrebbe… sì, non è impossibile, ma gli servirebbe un’identità… aspetta… se non sbaglio, il costume di Dusk se l’è portato Ben a S. Francisco[8] … quello di Ricochet lascia i capelli scoperti, lo esporrei troppo e ho sentito dire che qualcuno lo sta usando… Prodigy? No, mi dispiace bruciare l’unica identità mascherata con cui sono stato benvoluto… sì, il Calabrone Rosso sarebbe perfetto, visto che è anche ben accessoriato. Il problema è che l’ho restituito a Prowler… dai, Peter, la soluzione c’è, devi solo spremerti le tue preziose meningi…
Non appena la guardia si è allontanata…
- Brock! Ascolta il piano e poi decidi!
- Spara!
- Quando esci, procurati un costume da Uomo Ragno. Dato che non voglio rovinare ulteriormente la reputazione del mio alter ego, vai da Hobie Brown - continua a spiegargli, fornendogli un indirizzo - e chiedigli di prestarti il costume da Calabrone Rosso che aveva realizzato per me un paio di anni fa. Naturalmente facendo finta di essere me. Indossalo e usalo per irrompere alla TriCorp Research Foundation. Nell’ala est è custodito il tuo simbionte di Venom.
- Cosa? Dovrei rubare il mio stesso simbionte?
- Sì, e dovresti fare anche lo sforzo di portarmelo e farmi evadere.
- Tu devi
essere completamente matto! Pensi davvero che sia capace di liberare il mio amico e non riunirmi a lui?
- Ne sono convinto. Se scoprono che ti sei riunito all’alieno, non avrai attenuanti agli occhi dei giudici, la prossima volta. E’ come rivedere una vecchia fiamma mai dimenticata, ti capisco: ma sei sopravvissuto a ben altro!
- Dici così solo perché questa faccenda può salvarti le chiappe, altrimenti neanche avresti saputo che fine avessi fatto!
Peter non può fare a meno di sorridere. In fondo quel che dice è vero, ma non può curarsene adesso.
 - Allora, Eddie… farai questo per me?
Su, Brock… sei il mio unico appiglio, prega l’Uomo Ragno.

Note
E dopo ben diciassette episodi... il ritorno di Goblin. Niente di più banale, no? In realtà spero che questa strana saga vi piaccia. Ho dovuto dare al simbionte alieno facoltà inimmaginabili, ma ho fatto del mio meglio per rendere tutto più che plausibile. Il tema dello scambio è tanto affascinante quanto classico nella narrativa (specialmente supereroica)… pensate quando Destino si scambiò di corpo con Reed Richards grazie alle tecniche degli Ovoidi! Solo che con l’Uomo Ragno nessuno ha trovato i mezzi, finora, per effettuare uno scambio del genere (qualche maligno dirà che nemmeno io li ho trovati davvero
J )… nel prossimo episodio analizzerò le vere conseguenze psicologiche e pragmatiche dell’evento, oltre alle motivazioni di Goblin.

 

Capitolo due
#28 - VICEVERSA - seconda parte

Ryker’s Island.
Uno degli attuali ospiti del carcere si chiamava Peter Parker e una volta era l’Uomo Ragno. Da poche ore, ufficialmente, è Norman Osborn ed è rinchiuso qui. Peter è sempre stato una persona generosa, nella sua vita; come eroe, ha sacrificato la sua vita privata per la salvaguardia degli altri. Eppure, Goblin è riuscito a scatenare in lui gli impulsi e i sentimenti più ripugnanti. Ma… come biasimarlo? Ripensando a tutto quello che gli ha fatto nel corso degli anni, verrebbe quasi da sorridere.
Ha ucciso il suo primo amore. Lo ha convinto di essere il clone di se stesso. Ha ucciso il suo fratello genetico Ben Reilly. Ha rapito sua figlia per mesi. Lo ha fatto illudere che la sua amata zia fosse viva. Ha fatto uccidere sua moglie. La maledizione di Goblin si è trasmessa ad Harry Osborn, il figlio di Norman (nonché miglior amico di Peter), portandolo alla morte. E, come ciliegina sulla torta, adesso è riuscito a scambiare le loro menti, impadronendosi della sua vita, con ignote intenzioni. Penso che neanche il Teschio Rosso abbia osato tanto con Capitan America, o il Dottor Destino con Mr. Fantastic. O almeno lo spero per loro, pensa Testa di tela.
Qualche minuto fa ha chiesto ad Edward Brock, suo vicino di cella, nonché un tempo la sua nemesi Venom, di aiutarlo in questa situazione senza scampo. L’ex-criminale gli ha risposto:
- Ammesso e non concesso che questa storia assurda sia vera… il tuo piano è troppo complesso. E soprattutto… non so quando il mio avvocato riuscirà a farmi uscire di qui.
Lo sguardo di Peter si è abbassato. Come ha potuto pensare di farsi aiutare da Eddie Brock? Deve cavarsela da solo…
- Ma ci penserò, Parker. Credimi – gli riaccende la speranza il biondo culturista.
- Grazie.
Ancora perso nei suoi angoscianti pensieri, Peter viene chiamato da una guardia, che arriva alla sua cella e la apre.
- Osborn, vieni… hai diritto alla tua telefonata.
Telefonata? Non ci avevo pensato…pensa, percorrendo il corridoio con due secondini ai fianchi. Come può utilizzarla nel modo migliore? Vorrebbe quasi chiamare a casa per sentire la voce di Mary Jane, ma scarta subito l’idea, subito rimpiazzata da un’altra molto più intelligente: potrebbe chiamare Ben a S. Francisco… o Kaine all’istituto Ravencroft! Se spiegasse loro che… ma ci ripensa. Entrambi odiano Norman Osborn persino più di lui… quanto tempo gli concederebbero per parlare, prima di poter essere convinti? Forse è meglio chiamare l’avvocato. Chissà, magari per vie legali sarà più facile uscire di qui e organizzare una controffensiva. Istintivamente digita il numero privato dell’avvocato. La mia mente e i suoi ricordi si stanno già mescolando, nota con terrore il Ragno.
- Pronto?
- Avvocato Unger? Sono… Norman Osborn – si annuncia Peter, con rammarico.
- Signor Osborn! Stavo giusto per mettermi in contatto con lei! Ho saputo del suo colpo di testa… ma come le è saltato in mente di evadere e attaccare Parker?!
- Non lo so… ma deve trovare un modo per farmi uscire di qui – lo supplica.
- Ha scelto il momento più delicato per prendere una boccata d’aria. Sa che il mio studio sta facendo il possibile per farla uscire… e volevo giusto informarla che tra tre giorni ho l’udienza con il giudice per il caso di Venom… se riusciamo a far cadere tutte le accuse su di lui, si creerà un precedente che la scagionerà per i suoi recenti… guai con quell’alieno.
Cosa? Oh… Unger si è finto un filantropo con Eddie solo per aiutare Norman!! Che pezzo di merda... spero almeno mi serva a qualcosa!
- E sa che la teoria dell’infermità mentale dovrebbe far presa per le accuse precedenti. Potrebbe essere fuori di lì nel giro di… due settimane!
No… se anche tutto dovesse andare bene… non resisto qui dentro tanto tempo! Al pensiero di Norman che… no!
- Grazie per il suo zelo, signor Unger
. Mi tenga aggiornato sul caso… - replica ipocritamente.
- Va
bene, signor Osborn. L’importante è che smetta di confessare tutte le sue magagne come ha fatto finora… non riesco proprio a capire il suo atteggiamento. E veda di seguire una buona condotta, in questi giorni. Vuole uscire di lì, no? Buonanotte.
Non appena riattacca, Peter viene colto da una folgorazione: entro pochi giorni Eddie Brock potrebbe essere libero…  e così potrebbe aiutarlo! Deve correre a dirglielo… certo, se le guardie accelerassero il passo…

Forest Hills.
Norman Osborn è euforico. Se anche aveva qualche dubbio sul distruggere la vita di Peter Parker dall’interno o meno… anche quello è sparito del tutto. Come non apprezzare la doccia caliente con Mary Jane o l’ottima cena casalinga preparata da Anna Watson? Di sicuro dovrà fare il callo a tutta la melassa che la zia secerne… ma meglio che sorbirmi quella prugna rinsecchita di May, si consola. E poi, la bambina… niente a che vedere con quel pappamolle di Harry, che alla sua età neanche diceva “mamma”! La piccola May ha chiaramente un intelletto vivace e un grande potenziale che solo lui potrà farle esprimere appieno… e nella giusta direzione. Sull’aspetto economico, poi… i Parker non avranno un’industria alle spalle, ma ora come ora sono più che benestanti e non si fanno mancare niente. Il lavoro, poi, non differisce dalle sue antiche vocazioni.
Ormai ha deciso: questa è la vita che fa per lui… anche perché non ha nessuna alternativa e, per una volta, è disposto a scendere a dei compromessi per la sua serenità. Parker ha avuto quello che doveva. Ma un pensiero lo turba: e se la difesa che Claude Unger stava preparando da settimane dovesse andare in porto? Il Ragno sarebbe liberato e… no, lo schiaccerebbe senza difficoltà. In fondo, senza poteri, come potrebbe nuocergli? Anzi, potrebbe essere anche divertente assistere al suo patetico tentativo di rivalsa.
- Che hai, Peter? Ti vedo pensieroso – chiede premurosa la zia.
- Niente, Anna… pensavo che mi è dispiaciuto non poter venire da Liz, anch’io ho voglia di rivederla – dice, sorridendo in modo quasi maligno, anche se nessuno se ne accorge.
- Ne avremo occasione, vedrai – lo rassicura Mary Jane.
- Adesso scusatemi, ma è stata una giornata a dir poco… intensa. Vado a dormire – si congeda, non prima di salutare la piccola May con un bacio sulla fronte. Ma la bambina sembra quasi ritrarsi. Quasi.
Che hai, piccola? Senti un pericolo, già alla tua età? Ne dubito… si tranquillizza, per poi andare davvero a dormire. E’ realmente stanco…e Mary Jane, poi, sembra apprezzare il fatto che non andrà a volteggiare.

Quando arriva in camera da letto, non può non vedersi riflesso nello specchio. Ha quasi un sussulto, dovrà ancora abituarsi a vedere per sempre il volto della persona che odia più al mondo. In due secondi il simbionte gli ricopre la faccia con le sue naturali fattezze, ma non dura molto, perché Goblin teme che Mary Jane possa entrare e scoprirlo ma, soprattutto, vuole dimenticare il passato.
La questione del simbionte lo preoccupa… riuscirà a tenerlo nascosto? Dovrà rinunciare alla comodità di non doversi vestire, lavare e tutto il resto per farlo… e potrebbe non essere uno sacrificio sufficiente. Spera che la sua forza di volontà continui a prevalere, in modo che il suo gioco non venga tradito.
Qualche minuto dopo, al calduccio tra le coperte, Norman Osborn si sta addormentando, senza che Mary Jane lo abbia ancora raggiunto. Nel dormiveglia, in quell’inconsapevole stato di transizione tra la veglia e il sonno, Norman inizia a rievocare tutto il passato di Peter… un lungo sogno che lo accompagnerà tutta la notte. Un effetto collaterale dello scambio? Qualunque sia il motivo, Goblin viene reso partecipe del senso di colpa che segue Peter sin dai primi anni della sua vita, quando si incolpava della morte dei genitori e si riprometteva di essere un bambino assennato, nella speranza di essere perdonato e di riavere la sua famiglia… un meccanismo inconscio che avrebbe condizionato pesantemente la formazione della sua personalità adulta, così assennata e responsabile… Norman vive tutti i seguenti anni felici e sereni, grazie agli zii, ma così avvilenti per quel che riguarda la vita sociale… essere un nerd è una condizione stressante, sentirsi così diverso dagli altri… Norman non sarebbe sopravvissuto… poi la svolta, finalmente, con quel doloroso, caldo morso di ragno… il veleno che scorre nelle vene, che porta alla luce un potenziale inespresso, non solo a livello fisico… quando si tocca il fondo si può solo risalire, ed ecco gli amoreggiamenti con sua nuora Liz, con quella segretariuncola di Betty… per arrivare alla bellissima Gwen… il dolore per la sua perdita lo assale… tanto da far sentire Norman quasi in colpa per quello che ha fatto… ma è stato Peter ad ucciderla con il colpo di frusta, non lui…. tutte le tragedie, tanti parenti, amici e nemici sepolti… la morte di Harry… no, è troppo doloroso, Goblin vuole risvegliarsi… sapeva che Harry aveva modificato il siero di Goblin prima di sottoporsi ai suoi effetti, ma non sapeva che avesse anche modificato l’originale formula –quella a cui si sottopose Norman stesso- per vendicarsi di essere trascurato! No, no… non è possibile… si è rovinato la vita con le sue stesse mani senza accorgersene… eppure, ha sempre invidiato il Ragno per essere così vincente… non immaginava tutto il dolore che è riuscito a provocargli…sentirlo dal didentro… da un lato lo esalta, dall’altro vorrebbe morire…

Ryker’s Island.
Nella sua scomoda brandina, anche Peter Parker è toccato da un’esperienza simile a quella della sua nemesi. Era convinto che non sarebbe riuscito a dormire, così preoccupato per la sorte di Mary Jane e May, a cui non riesce a non pensare… invece, la stanchezza ha preso il sopravvento, consegnandolo nelle braccia di Morfeo.
E così Peter vede cosa è successo a Norman… un’infanzia difficile a causa di un padre molto severo, che lo sottoponeva alle prove più alienanti per temprare il suo spirito, riuscendoci per certi versi… le difficoltà della sua famiglia, già allora maledetta dai molti avversari invidiosi ereditati dal suo bisnonno, arricchitosi in maniera non sempre lecita… finché suo padre non perse tutto, sprofondò nel baratro dell’etilismo… tutte le camicie sudate da Norman stesso per riscattare il patrimonio e il buon nome della sua famiglia… l’ancora di salvezza trovata in sua moglie Emily, così devota e innamorata di lui… ma poi tutto iniziò a decadere… nacque Harry, ma le complicazioni post-parto uccisero l’unica donna che abbia mai amato… l’azienda iniziò ad avere nuovi problemi, tra cui le ruberie di Mendel Stromm… poi si sottopose a quella formula… e Peter si opponeva sempre ai suoi piani di conquista… finché tutto degenerò in maniera incomprensibile… il dolore dell’aliante nel petto… lo sconforto di non poter stare accanto a sua nipote…  la morte di Harry, che l’ha colpito più di quanto riuscirà mai ad ammettere… ma in fondo odiava Harry, non lo considerava degno della dinastia… poi per colpa di Judas Traveller, la perdita di tutto quello che aveva faticosamente accumulato negli anni… e Peter si rende conto di non essere stato l’unico a soffrire, in tutti questi anni.

Al mattino, Peter Parker si risveglia. Il fisico che ospita la sua psiche è riposato. Ma essa è ancora stanca; è attanagliato da un cerchio alla testa. Non ricorda esattamente cosa ha sognato… ma ha l’amaro in bocca. E non sa che la sua nemesi si è ridestata nelle stesse condizioni (cosa che lo conforterebbe, seppur in minima percentuale).
Non è possibile, sono ancora qui… allora non è un incubo, realizza sconfortato Spidey. Non sa come farà a trascorrere un’altra giornata qui, in questo modo… e tantomeno le successive… tanto vale rimanere disteso nel letto, a guardar fuori dalla finestra blindata la libertà che potrebbe riconquistare solo con grande difficoltà…

Forest Hills.
Nonostante la cefalea, Norman si sente bene. Risvegliarsi in quella casa, con quella donna al suo fianco, gli ricorda la sua più eclatante vittoria. Mentre tutte stanno ancora dormendo, fa mente locale su quello che deve fare.
In teoria dovrei fare l’articolo per il Daily Bugle… ho lezione alle undici, stamattina… oggi pomeriggio ho il turno alla fondazione… forse dovrei godermi di più la vita, rinunciare a qualche impiego. Per ora scriverò quel pezzo, decide, accendendo il notebook, poi penso di dover fare una visita a Liz… voglio rivedere Normie, anche se non sarà facile. E poi… voglio provare ad essere l’Uomo Ragno.
Non ha mai scritto un pezzo giornalistico, ma si cimenterà. Rievoca quello che è successo al suo nemico con la Torcia Umana e la Volpe [9]. Parker è ingenuo ed imprudente. Il suo segreto si sta svelando a macchia d’olio… e per metà la colpa è sua. L’Enciclopedia Ragnesca, la confessione a Storm… come gli è saltato in mente? Dovrò cercare di rimediare, si ripromette, mentre digita furiosamente sulla tastiera.
Qualche minuto dopo, dopo aver mandato l’articolo per e-mail, senza aver neanche salutato la famiglia Watson, Norman esce di casa e si dirige verso il centro con un taxi. All’interno dell’auto, si guarda intorno. Il Queens non gli piace. Troppo modesto per i suoi canoni. Sarebbe stato meglio se Parker fosse rimasto nel suo attico sulla Quinta Avenue… avrà tempo per convincere Mary Jane a tornare a Manhattan.
Intanto prende il cellulare, apre la rubrica e chiama Liz Allen.
- Sì? – risponde la donna dopo molti squilli.
- Liz, sono Peter… dormivi?
- No, mi sono svegliata da poco… cosa c’è?
- Visto che ieri non sono potuto venire con le ragazze, avrei voglia di venire a trovare te e Normie… sempre se non disturbo.
- Adesso?
- Adesso ho un momento libero…
- Oh… va bene, vieni… fra un po’ però devo essere in ufficio, c’è molto da sbrigare…
- Perfetto, sarà una toccata e fuga… allora a tra poco.

Casa Allen.
Elisabeth apre la porta di casa già in tailleur, ma è evidente che non si è ancora truccata.
- Ciao, Liz – saluta Norman, cercando di reprimere le sensazioni negative che questo incontro suscita nel suo vero io.
- Ciao, Peter, entra… scusa il disordine, ma come ti ho detto…
- Non preoccuparti assolutamente… oh, ciao, piccolo…
- Ciao Peter – saluta il bambino.
Quando suo nipote fa capolino dietro la mamma, Norman ha un tuffo al cuore.
Il suo erede… da quanti mesi non lo vedeva? Da quanto non poteva godere tranquillamente della sua compagnia? E’ come un secondo figlio per lui… avrebbe tanto da insegnargli… e forse l’amicizia tra lui e la piccola May è qualcosa di molto fruttuoso, alla luce dei suoi progetti a lungo termine.
Accomodatisi nel soggiorno, Liz porta a Peter una tazza di caffè e lo scopre a giocare con suo figlio.
- Gli stai simpatico – nota.
- Sì, mi fa piacere… per forza di cose, ho dovuto imparare a trattare con i bambini…
- Vero! Ma… ho saputo di Norman… - cambia argomento, abbassando la voce per ovvi motivi - che cosa terribile… non smetterà mai di tormentarti?
- Io penso che non ci darà più fastidio… - sorride diabolicamente Norman.
- Lo spero… anche se fatico ancora a capire perché ce l’abbia tanto con te…
- E’ una difficoltà anche mia, credimi… ma dimmi, come vanno gli affari? – devia saggiamente la conversazione.
- Bell’argomento… ormai manca pochissimo alla transazione definitiva. La Triple Corporation sta acquistando abbastanza azioni delle industrie da prenderne il controllo. A giorni ufficializzeremo la cosa. Non potevo rifiutare…
- Non potevi
? Hai tolto a tuo figlio il controllo dell’azienda di famiglia! – si altera Osborn, stranamente per il ruolo che recita.
- Lo so, Peter… ma di questo passo rischiava di non averne affatto!
Norman preferisce non replicare, risentito da quell’affermazione. Quel verme di Menken si sta dando da fare per accaparrarsi la Osborn Chemicals… come ha sempre voluto, probabilmente. Se me lo ritrovo tra le mani…
- Sei ancora interessato a quel posto?
- Quale posto? – domanda Norman, strappato ai suoi pensieri vendicativi.
- Te ne ho già parlato… adesso che Mark è spesso assente e che ci sarà un ridimensionamento del personale… sarebbe bello se diventassi tu il responsabile scientifico delle industrie! Al momento a supplire Mark si alternano vari suoi colleghi…
- Oh, già… ti dirò, accetterò molto volentieri questa proposta!
Se lavorerò nella mia azienda… potrò darmi da fare per riprendere il posto che mi spetta!
- Bene… ma a proposito di lavoro – guarda l’orologio preoccupata - non è mia intenzione cacciarti ma adesso devo andare! Sai com’è il traffico in questa città… a minuti dovrebbe arrivare la baby-sitter, potresti dare un occhio al bambino finché non arriva?
- Con piacere…
- Scusami ancora… ah, quando torni a casa salutami Mary Jane! E fatti sentire, così usciamo una di queste sere…
- Va bene…
Ma cosa ci trovava Harry in una donna del genere? Certo, suo padre era un uomo d’affari come me, ma si era ridotta a fare la portantina…si barcamena nella sua eredità, ma non ha la stoffa…
Un paio di minuti dopo, solo con suo nipote…
- Allora, Normie… ti manca il nonno?
- Mi manca anche papà…
- Hai ragione, piccolo – lo bacia sulla fronte – meritavi  di vivere con entrambi al tuo fianco… sono bravi uomini, lo sai? Non come quell’Uomo Ragno
- Sì, il Ragno è cattivo… ha ucciso papà e ha fatto sparire il nonno!
- Bene, hai le idee chiare fin da adesso…
E poi Norman scoppia fragorosamente, istericamente, a ridere, mettendo in soggezione il bambino.
Per fortuna il campanello suona: la baby-sitter è arrivata, così Norman potrà dirigersi verso la seconda meta del suo blasfemo pellegrinaggio…

Daily Bugle.
E pensare che tutto questo, una volta, era controllato da lui. Che bei tempi, quando si divertiva a far morire di rabbia e di tensione Parker, nelle sue visite in redazione.
Robbie Robertson lo blocca subito non appena lo avvista.
- Peter, ho avuto il tuo articolo! Bello, ma… diverso dal solito…
- Dici?
- Sì, ma… non è male, non ci hai messo il tuo solito tono di parte nei confronti dell’Uomo Ragno… una vera e propria cronaca, complimenti! Stai diventando un giornalista serio – gli fa l’occhiolino Joe, e Norman gli risponde con un sorriso tirato.
- Domani lo pubblichiamo, ma se hai anche altro materiale a disposizione fai pure!
- Va bene…
Goblin continua a guardarsi intorno, a salutare discretamente qualcuno… e adocchia la donna che fa per lui.
- Ehi, Betty… scoperto altro sulla TriCorp?
- Oh, sì, Peter… oltre a Menken, gli altri due dirigenti sono un certo Thompson, un tizio di cui si sa quanto di Harold Howard, non so se mi spiego…
- Sì… chi diavolo è questo Thompson? Eppure conosco i pezzi grossi del giro…
- … e, udite udite… Roderick Kingsley – rivela la cronista con una punta di tristezza.
- Cosa?!
- O meglio… suo fratello Daniel, che gestisce il suo patrimonio. Ma è chiaro che fa tutto capo a Roderick…
- Ma… il suo gruppo é controllato da… Osborn![10] – ricorda risentito Norman.
- Vero, ma questo non toglie che… Hobgoblin… - e Betty non pronuncia senza dolore quel nome - avesse le mani in pasta altrove. Ciò conferma che la corporazione che finanzia il “tuo” centro ricerche, Peter… non è il massimo della trasparenza, per così dire.
Quello stronzo di Roderick… adesso si sta vendicando così per la perdita della Kingsley International! Se solo potessi fare qualcosa per vendicarmi…
- Be’, l’importante è sbarcare il lunario – finge Norman, alquanto preoccupato da questa situazione.
Ben Urich sta parlando con la sua assistente Candace, quando incrocia lo sguardo di Norman e gli sorride, a mo’ di saluto.
Quanto potrò andare avanti così? Odio dover fare buon viso a cattivo gioco con gente del genere… Urich ha distrutto la mia reputazione, con “L’eredità del male”… e il mio primo istinto sarebbe quello di prenderlo a calci… per fortuna ho un self-control che gli inglesi mi invidierebbero…
Congedandosi pacatamente dal resto della redazione, Norman si chiude nell’ascensore per uscire sul terrazzo. Quando le porte si aprono, è già nelle vesti di Uomo Ragno, grazie all’alieno.
E’ la prima volta che indossa questi panni. E un brivido gli smuove la schiena, un misto di eccitamento e repulsione.

Manhattan. Quartier generale della Confraternita degli Eterni. Poco fa.
In sobrie giacca e cravatta, come i suoi nuovi confratelli, Adrian Toomes si presenta al cospetto dei leader della società segreta per fare rapporto.
- Com’è andata con Octopus? – chiede perentorio uno di loro.
- Be’, in realtà… così così – confessa l’Avvoltoio, esprimendo il concetto con un movimento della mano.
- In che senso?
- Si è rivelato molto aggressivo, ma… mi ha rivelato di essersi sottoposto ad una cura… genica, se non sbaglio, che però dice di non avere più… ma, credetemi: sarà più in forma di prima, ma niente di paragonabile al Juvenator.
- Ammesso e non concesso che sia vero… il pericolo delle biotecnologie potrebbe rivelarsi importante, per i nostri piani. Ma non sappiamo se credere o meno a uno come quello, dovremo indagare oltre… ad ogni modo, devi subito svolgere un’altra missione.
- Ossia?
- Tieni – gli dice un altro Eterno, prendendo un biglietto dalla tasca della giacca e porgendoglielo – questo è l’indirizzo a cui ti devi recare. La veggente chiamata Madame Web è il tuo obiettivo. Estorci anche a lei informazioni sul processo di ringiovanimento che ha subito.
- Ma perché non andate direttamente voi?
- Non è saggio esporsi in prima persona. E poi il timore che incutono i super-criminali come te… fa sciogliere la lingua.
- Capisco… posso permettermi un’altra domanda?
- Parla, e vedremo se puoi permettertela.
- Io… vorrei capire perché mi mandate a investigare sugli altri metodi di ringiovanimento…
- Il Juvenator è la nostra chiave per il potere, Toomes. Chiunque, persino il Presidente, si piegherà pur di ottenerne i benefici. E non è auspicabile avere il controllo di tutti i governi del mondo, in questo modo?
- Un piano… ambizioso – commenta spaventato l’Avvoltoio.
- Già… ma se vengono alla luce altri metodi per dare giovinezza e salute alla gente… capirai persino tu che il nostro progetto decadrebbe. Quindi preparati a sabotare molte ricerche in questo senso.
- Va bene…
- Adesso vai, Toomes… e portaci buone notizie.

Nei cieli di Manhattan…
La visione della Grande Mela dall’alto non gli è ignota… ma la sensazione di volteggiare tra i grattacieli, anziché planare su un aliante, è evidentemente tutt’altra storia. E poi Mary Jane inizierebbe a preoccuparsi se suo marito smettesse di colpo di fare l’Uomo Ragno, rassegnata com’è all’idea.
Incredibile, pensa, mentre scende vertiginosamente di quota appeso ad una ragnatela. L’adrenalina gli scorre a mille nelle vene, quasi quanto nelle sue scorribande da Folletto Verde… ma la qualità delle emozioni è maggiore.
Un altro motivo in più per invidiare l’arrampicamuri… e godere del fatto di aver conquistato le sue fortune.
Scorrazza per minuti su minuti, lungo tutta la penisola… gli verrebbe voglia di dominare la città, ma in un certo senso lo sta già facendo.
Ad un certo punto, una figura familiare gli scorre davanti agli occhi, tagliandogli la strada ad una decina di metri.
Che fortuna… l’Avvoltoio! Mi viene da ridere, se penso alla mia vecchia vita da villain
- Ehi, Avvy! Stai andando a fare la spesa, per caso? – scherza Norman, come ha sempre fatto in costume.
Adrian fa un’inversione ad U in volo, che l’effetto di mostrare il suo volto spaurito.
- No, Ragno! Sempre tu!
- Eh, che ci vuoi fare…
- Stavolta non mi fermerai!
Dalle sue verdi ali, vengono sparate piume taglienti ed esplosive. Un regalo della Confraternita.
- Ehi, attento con la tua calvizie alare!
Ma che sto dicendo? Va bene scherzare, ma con il suo ridicolo senso dell’umorismo!
Questi pensieri passano in secondo piano, quando un buon terzo delle suddette piume colpiscono il bersaglio.
Ahi! Per fortuna c’è il simbionte… ma questa me la paghi, Toomes! Sarai più forte e veloce del solito… ma lo sono anch’io!

L’inseguimento parrebbe non aver mai fine, alcuni passanti alzano il naso e seguono questo “gatto e topo” con curiosità. L’Uomo Ragno sta abilmente evitando le armi dell’Avvoltoio, guadagnando distanza… ma per quanto si sforzi, non sembra in grado di riuscire a raggiungerlo.
- Forza, Ragno! – grida qualcuno, in strada.
Adesso è pure popolare, quel bastardo, nota con disappunto l’ex Goblin, che considera fondamentale la reputazione, per un uomo.
- Ho un metodo infallibile per toglierti dai piedi! – lo informa Toomes, voltando la testa.
Una mezza dozzina di piume esplosive colpisce le basi di un grosso cartellone pubblicitario, su un tetto… pochi secondi e crollerà.
- Bye bye ragno!
Al contrario delle previsioni dell’Avvoltoio, l’Uomo Ragno non si ferma per riparare il danno e proteggere gli innocenti passanti… anzi, prende ad inseguirlo con maggiore ardore.
- Cosa?! – si chiede attonito il villain. – L’Uomo Ragno che conoscevo io non avrebbe mai fatto una cosa del genere!!
Quelle parole si conficcano nell’animo di Norman più profondamente di quanto avrebbero fatto le piume nel suo petto.
Ha fatto un passo falso… perché è l’etica che fa la differenza tra lui e Parker.
- L’ho fatto per distrarti… e per fare questo! – si riprende Norman. Infatti Adrian si è fermato a causa dello stupore e il Ragno ne approfitta subito per saltargli addosso (l’alieno incrementa anche la potenza delle sue gambe, ovviamente) e portarlo a terra.
- Ah! – urla di dolore l’Avvoltoio, sbattendo sul tetto con la schiena. Con disumana ferocia, Osborn afferra il suo costume dai circuiti integrati… e lo strappa via.
- No! – cerca di fermarlo Toomes, inutilmente. Un altro gesto e le sue ali sono state tarpate con un rumore sinistro… seguito da quello ancora più inquietante del cartellone che ha ceduto!
Spidey si volta subito e corre verso il cornicione… si affaccia più che può verso il vuoto e spara due ragnatele ben doppie, che agganciano il cartellone a soli due metri dalla strada. Le braccia rischiano di staccarsi dalle scapole, per fortuna i poteri adesivi lo tengono saldamente ancorato al tetto. Non appena la gente si è dileguata, Norman lascia cadere il peso, per poi tornare dall’Avvoltoio. Ma, come prevedibile, Adrian Toomes è sparito.
Bastardo… ti troverò.
Ma, nonostante i propositi, venti minuti di ricerche nell’area si rivelano infruttuosi. Cosa che non rende certo orgoglioso Norman. Oh, ma che me ne frega dell’Avvoltoio… ho molte altre cose a cui pensare, si consola, dirigendosi verso l’università.

I giorni passano. Purtroppo per Peter Parker, il giudice ha decretato misure di sicurezza eccezionali contro Goblin (sollecitate dallo stesso criminale, sotto le sue mentite spoglie), alla luce delle sue recenti evasioni. Così, non ha potuto parlare con nessuno, se non con il suo avvocato, che non ha rivelato nulla di nuovo. Tutto ciò che Peter riesce a fare è trincerarsi nella rabbia e nello sconforto… pregustando il momento della rivincita. Sa che arriverà, prima o poi, in qualche modo. Ed è l’unico pensiero (oltre a quello di riabbracciare amici e familiari, ovviamente) che riesce a mantenerlo lucido e a non farlo impazzire. Lo hanno persino allontanato da Edward Brock dopo le segnalazioni dei secondini… ma per fortuna sono riusciti ad organizzare in tempo il piano per farlo uscire da lì.
Norman Osborn, invece, continua a godersi il nuovo corso della sua esistenza, barcamenandosi tra i suoi lavori e gli obblighi familiari (a volte piacevoli, a volte meno).
Ma il giro di boa si avvicina…

Ryker’s Island.
Peter stava meglio quando era stato sepolto vivo. Perlomeno, era in animazione sospesa e non soffriva come un cane.
Non riesce ad immaginare uno scenario peggiore. Nemmeno trentadue denti cariati con infiammazioni di gengiva annesse potrebbero competere con l’inferno che sta passando. La noia è il minore dei mali. La rabbia… il senso d’impotenza… il maggiore.
Ma il vero Uomo Ragno non è un tipo che si abbatte del tutto così facilmente. Ha ancora un appiglio di speranza… non è un caso che oggi ci sia l’udienza per mettere in libertà Eddie Brock. Chiunque sia responsabile, almeno in parte, del suo destino (Dio o chi per lui) gli sta concedendo un’occasione che sa di non poter perdere. E questo gli dà forza.
Sente in lontananza, in fondo al corridoio, una guardia dire:
- Brock, seguici senza fare scherzi.
Eddie, pur ammanettato e scortato, si volta verso Peter quando gli passa davanti e strizza l’occhio.
L’ex tessiragnatele sorride sollevato.

Qualche ora dopo, sente due secondini discutere tra di loro, a qualche metro dalla sua cella.
- Ma ti rendi conto? Venom libero?
- Te l’avevo detto che quell’Unger è un genio del foro! Lo dicono in molti…
- Sarà un genio, ma se un criminale incallito come quello è di nuovo in circolazione… vuol dire che c’è qualcosa che non va nel sistema.
- E’ vero, dobbiamo sempre preoccuparci dei nostri figli, per colpa di questi idioti con le mutande sopra il costume!
Gli occhi di Norman Osborn si illuminano di speranza.

Sera. Appartamento di Hobie Brown.
Edward Brock non sa cosa ci faccia qui. Solo poche ore fa, era in tribunale. Ha assistito all’arringa di Claude Unger in suo favore – ai suoi occhi, un vero e proprio angelo salvatore – a dir poco affascinato, così come il giudice. Era già in libertà vigilata… il tempo di sistemarsi nel temporaneo appartamento affidatogli dal giudice (in attesa di ottenere un posto di lavoro)… e cosa aveva fatto? Aveva usato i suoi pochi soldi per comprare in un negozio di vestiti… il costume da Uomo Ragno. E adesso si ritrova sul muro di questa casa, per aiutare l’uomo che più ha odiato nella sua vita (insieme a Cletus Kasady), rischiando di bruciare la sua recente vittoria legale. Come cambiano le cose, ci ragiona su, senza trovare un’esauriente motivazione per tutto quello che sta facendo – non è neanche sicuro che il Norman Osborn chiuso in carcere sia in realtà Peter Parker!
Ormai la frittata è fatta ed è qui. Eddie si ripete le domande che il Ragno, prima di essere allontanato da lui, gli ha consigliato di fare per conquistarsi la fiducia di questo Brown, anche se non capisce di cosa si tratti.
Radunato il coraggio proprio solo degli attori, l’ennesimo finto arrampicamuri bussa alla finestra di casa Prowler, se così possiamo chiamarla, nella classica posa a testa in giù. L’eroe nero, dapprima spaventato, corre ad aprirla.
- Ragno! Che ci fai qui?
- Ciao! Come sta Ollie? – recita Eddie, spiazzando Hobie.
- Osnick? Non saprei… nel senso che ha deciso di smettere di giocare a fare l’eroe, e non capisco se sia un buon segno o meno…
Chissà di chi diavolo sta parlando, si chiede, non troppo interessato, Eddie Brock.
- E il tuo bambino? – continua.
- Mancano pochi mesi ormai, e in realtà saranno due gemelli, ma… cosa c’è? Sei venuto qui solo per salutare?
- No, Hobie… ho bisogno di un favore…
- Immaginavo bene. Parla pure…
- Hai ancora il costume da Calabrone Rosso? Se sì, dovresti prestarmelo…
- Sì, l’ho ancora e ho anche apprestato delle migliorie, ma… a cosa ti serve?
- Non darmelo se non ti fidi di me.
- Io…
Prowler sente che c’è qualcosa di strano. All’apparenza, niente non gli farebbe pensare che questo non sia l’Uomo Ragno. Ha anche parlato di Ollie Osnick, e non è ancora di dominio pubblico che sia (fosse?) il Ragno d’Acciaio. Ma c’è qualcosa… forse la voce? Il costume, un po’ più casereccio del solito? Dal momento che non riesce a stabilirlo con certezza, non ha che da accettare.
- … va bene, vado a prenderlo.
E’ fatta… spero solo di non stare facendo un enorme sbaglio, pensano entrambi.

Poco dopo…
Si è appostato su degli alberi appena fuori dalla fondazione TriCorp per studiare l’area, i sorveglianti e tutto il resto… e, con sua grande sorpresa, ha notato che è in atto un immane trasferimento. Dall’istituto di ricerca stanno partendo moltissimi tir, pronti a smistare tutto il materiale del centro verso altre locazioni. Normalmente ogni camion sarebbe indistinguibile dall’altro… ma non per Edward Brock. Ha convissuto per anni con il simbionte che lo rendeva Venom… e grazie a questo riesce a percepire la sua presenza, per quanto in maniera vaga. Infatti l’area di xenobiologia è stata una delle prime ad essere smantellata, e adesso l’alieno sta venendo trasportato verso la sede centrale dell’ex Morelle Pharmaceuticals, dove la sua natura verrà ulteriormente studiata a scopo medico.
E’ lì dentro, lo sento, pensa, nascosto ora su un tetto, scrutando un particolare veicolo scortato dai temibili membri della Giuria. Brock non ha bei ricordi di quei tizi, ma per ora li accantonerà. Sente lo stomaco attorcigliarsi per la voglia di recuperare il suo vecchio amico… ma ha ripromesso a se stesso e all’Uomo Ragno che non si legherà a lui. E sarà difficile.
A tutta velocità, si fionda verso il camion. Non appena i Giurati si accorgono della sua presenza, puntano le loro armi energetiche e sparano. Eddie, dopo anni come Venom, sa ben usare il senso di ragno ed evitare di essere fritto. Inoltre, la sua forza è spropositata. Era già un culturista di suo; adesso ha la forza proporzionale di un ragno di dimensioni umane, oltre all’implemento dell’esoscheletro del Calabrone Rosso. Per questo gli ci vogliono pochi secondi per mettere a terra i membri della Giuria e l’autista dell’autocarro, per poi squarciare a mani nude (o quasi, visti i campi energetici generati dal Calabrone) il portello del mezzo.
Il simbionte è lì, di fronte a lui, schiacciato contro la cilindrica gabbia di vetro che lo contiene. Sta spasimando dalla voglia di riunirsi ad Eddie Brock: in fondo, è per questa precauzione che ha alterato il suo organismo in modo da renderlo un uomo-ragno anche senza di lui. Ma l’alieno è anche un empate, in qualche modo… e avverte che le intenzioni del suo più vecchio partner non coincidono con le proprie.

Notte fonda. Ryker’s Island.
L’isola è avvolta dal buio, se non per qualche potente faro o le luci di qualche elicottero lontano.
Spidey sta contando i minuti, da quando ha sentito la notizia della liberazione di Brock.
La sua attesa finisce.
- Peter, indietro! – grida una voce familiare, proveniente da oltre la grata della finestra.
Nonostante i suoi attuali riflessi non siano minimamente paragonabili a quelli di qualche giorno fa, Spidey riconosce Eddie Brock e così si butta verso le sbarre della cella. Due secondi dopo, il muro esterno crolla sotto un raggio energetico… e, dalle macerie fumanti, ecco emergere il Calabrone Rosso.
Una mano sembra sostenere un’imperfetta e lucida sfera nera… prevedibilmente, il simbionte di Venom contenuto grazie ad un campo di forza.
L’altra mano è tesa verso “Norman Osborn”.
- Forza! – lo incita Brock.
Peter Parker sorride
. La vendetta è vicina. E non può permettersi di gustarsela fredda.

Note
Per il passato di Goblin, ho evidentemente ripreso alcune recenti, interessanti idee di Roger Stern e Paul Jenkins (al di fuori della nostra continuity).

 

Capitolo tre
#29 - VICEVERSA - finale

Ryker’s Island.
Quando si è toccato il fondo, disse una volta qualcuno, si può solo risalire.
E’ ciò che sta capitando a Peter Parker: imprigionato nel corpo del suo peggior nemico – Goblin - e in un carcere di massima sicurezza, l’Uomo Ragno è consapevole di non potersi trovare in situazione peggiore. Adesso, finalmente, un barlume di speranza (o di illusione) lo attira come una falena nelle tenebre. Il muro della sua cella è in frantumi, di fronte a lui c’è il Calabrone Rosso (Eddie Brock sotto mentite spoglie) con un simbionte alieno tra le mani.
- Forza!
Nel suo corpo estraneo e debole, Peter corre dal suo salvatore e si fa facilmente afferrare. L’ex Venom vola via in tempo: tutte le guardie del complesso sono già nell’area di detenzione e tutta l’isola è bombardata dal rumore assordante di elicotteri in avvicinamento. E’ lo stato di massima allerta, prevedibilmente.

Per la prima volta da quando ha perso temporaneamente i poteri l’ultima volta[11], Peter avverte nuovamente nausea e vertigini, salito ad un certa quota, con il mare pronto ad accoglierlo a metri sotto di sé. Stavolta, però, la sensazione è completa, stordente; è vero che le sue facoltà ragnesche comprendevano anche l’assenza di vertigini e altri disturbi del genere, ma nelle occasioni precedenti i suoi poteri erano semplicemente sopiti, non completamente assenti come questa volta. E gli effetti si sentono, pesantemente.
- Tienimi, ti prego! – grida ormai l’ex tessiragnatele, spaventato sia dal volo sia dalla caccia che un paio di minacciosi elicotteri sta dando loro.
- Non avrei mai immaginato di sentirti piagnucolare! – scherza a voce alta per farsi sentire Brock, che evidentemente ha ancora voglia di scherzare nonostante la situazione rasenti il drammatico – Toh, tieni questo! – gli urla ancora. Attiva un raggio repulsore e gli spara praticamente in faccia il suo simbionte! Perdonami, vecchio, suda freddo Eddie, come un ex tossicomane di fronte ad una bustina bianca senziente.
L’alieno aderisce immediatamente al volto di Norman Osborn e, tra l’eccitato e il deluso, starebbe per infiltrarsi in tutti gli spazi extra-cellulari dell’inedito organismo, ma…
”No, aspetta, non è il momento!” urla psichicamente Parker, e l’alieno capisce. Sente che il suo vecchio partner è sincero, che ha intenzione di unirsi completamente a lui in tempi brevi. Per il momento si accontenta di diffondersi sul suo corpo, ricoprendolo completamente di nero, praticamente come ha fatto per mesi dopo le cosiddette Guerre Segrete. Perlomeno, questa proto-simbiosi riesce a sedare le paure di Peter, forse per il tepore che gli dà la sensazione di un altro essere vivente su di lui, o molto più probabilmente per la lontananza degli elicotteri, ormai seminati grazie all’agilità in volo del Calabrone Rosso. In un altro momento mi verrebbe da ridere, io che devo sembrare Dusk in questo momento, nelle mani del Calabrone, si tira su, rievocando il periodo in cui ebbe una sorta di crisi d’identità mascherata.
”E’ Peter Parker” risuona una voce disumana nella mente di Eddie. E’ il simbionte, che sta sfruttando il loro legame empatico per rassicurarlo su tutta la questione. Grazie, pensa Brock, pur non essendo sicuro di essere ascoltato. La notizia è un sollievo per lui, nonostante l’idea di tradire, per così dire, l’uomo che gli ha salvato la vita[12] per l’uomo che ha perseguitato e minacciato per anni gli paia ancora un’assurdità. Ma in fondo anche lui crede nella giustizia, e ciò che ha fatto Norman Osborn è del tutto inammissibile per la sua scala di valori, persino per lui che si è macchiato di disonorevoli crimini.
- Che si fa adesso?
- Non… lo so, Eddie, trova un… posto discreto dove possiamo… parlare – parla ad occhi chiusi Peter.
- Hai detto niente…
Il Calabrone prende una brusca deviazione in cui il Ragno teme ancora di poter cadere e spiaccicarsi sull’asfalto.
- Po… possiamo… andare… verso… la fondazione… TriCorp? – si sforza di chiedere.
- Va
bene. E’ un po’ lontana da casa mia, ma se devo occuparmi di questa faccenda, lo faccio fino in fondo.
- Grazie, Eddie…
Poco dopo, sono entrambi sul tetto dell’istituto di ricerca.
- Adesso che si fa?
- Penso che tu abbia fatto già troppo, Eddie. Non so davvero come…
- Vedremo, intanto devi cercare di far tornare le cose a posto… e non capisco come ci riuscirai.
- Ho qualche idea che mi frulla in mente. Se mi lasci quell’esoscheletro sarà tutto più facile…
- Volentieri – risponde Brock, spogliandosene – sarà un miracolo se non mi scopriranno…
- Te la sei sempre cavata, nel bene e nel male…
- Tu più di me. Conta su questo.
- Temo che la mia fortuna da supereroe sia esaurita…
- Auguri – si congeda Brock, saltando sulla parete di un edificio adiacente e arrampicandocisi sopra, diretto a Brooklyn.
 
Forest Hills.
Norman Osborn sta sognando di essere a scuola con Peter Parker, Harry Osborn e Gwen Stacy, in attesa di fare un compito di chimica organica. I quattro stanno decidendo dove e quando fare un’orgia. Come ogni esperienza onirica che si rispetti, tutto gli pare incredibilmente normale e ragionevole. La surreale conversazione con i suoi compagni gli viene risparmiata dall’acuto trillo del telefono, sul comodino.
Norman e Mary Jane spalancano gli occhi, svegliati di soprassalto.
- Ma… cosa… - lamenta la donna, mentre il suo presunto marito alza la cornetta seccato. In un altro contesto avrebbe rivolto parole poche carine all’interlocutore, ma al momento è calato completamente nella parte del mite Parker.
- Sì?
- Signor Parker? Scusi il disturbo, ma penso che questa chiamata sia dovuta
- Con chi parlo, scusi?
- Sono l’agente Doggett, FBSA. Come si era raccomandato che facessimo, la avvisiamo tempestivamente che Goblin è evaso ancora una volta.
- Cosa? Come?! – si risveglia completamente Norman, a quelle parole.
- Ha avuto la complicità di un metaumano che abbiamo identificato al 96% con il Calabrone Rosso…
Il Calabrone Rosso? Da quel che so, il suo costume dovrebbe essere in mano di… Prowler! Che quel Brown abbia aiutato Parker?
- Signore, è in linea?
- Sì, sì, sono qui… grazie dell’avvertimento.
- Stiamo sulle tracce di Osborn. Lei rimanga in casa e non apra a nessuno. Le manderemo un nostro agente prima possibile.
- Non ce n’è
bisogno, grazie. Prenderò tutte le precauzioni del caso. Buonanotte.
Abbassata la cornetta, Mary Jane si preoccupa. Vede l’espressione corrucciata del marito e la collega alle parole che ha carpito nel dormiveglia.
- Peter, che è successo?!
- Be’… Norman Osborn – dice, con un senso di alienazione – è evaso.
- Ancora?! No, è impossibile! Dopo… dopo pochi giorni! Dev’essere stato uno scherzo, sai, con tutta la gente che conosce i nostri trascorsi…
- Se era uno scherzo, è stato ben fatto. L’agente con cui ho parlato mi è sembrato serio.
- No… - si altera Mary Jane, correndo subito in camera della piccola May. In fondo si parla sempre dell’uomo che l’ha fatta uccidere e che ha rapito sua figlia… senza sapere di aver dormito (per non dire altro) accanto al suo peggior incubo.
Vieni pure, Peter… assisterai con i tuoi occhi alla mia apoteosi, gode all’idea Goblin.

TriCorp Research Foundation.
Rimasto solo con il simbionte alieno sulla pelle, Peter indossa il costume del Calabrone, ma non può fare a meno di pensare. Adesso è libero, tra poco sarà l’alba e si sta trattenendo dal tornare a casa. Non può bruciare quest’occasione… è l’unica che ha.
Naturalmente ha avuto giorni per elaborare tutti gli scenari possibili. Come poteva trascorrere quelle ore interminabili di cattività, se non pregustandosi la sua rivincita?
Senza neanche tanta circospezione, il Ragno usa i sistemi dell’armatura per emettere un impulso che metta fuori uso gli allarmi per il tempo necessario a penetrare nel complesso.
Complimenti, Hobie, pensa, calandosi nell’atrio della fondazione. Avverte subito la nostalgia di quel posto, in cui Norman Osborn sta lavorando in sua vece. Scuote la testa al pensiero.
In una manciata di secondi, i propulsori dell’esoscheletro portano Spidey nell’area di fisica. Impossibile, per l’eroe, non notare una certa… vacuità nelle strutture a cui era abituato. E’ il simbionte a spiegargli il motivo, con una voce che penetra nel suo cervello come se provenisse da un altro mondo.
”Stanno trasferendo tutto alle altre… industrie. Stavano portando via anche me”.
No… la fondazione sta già venendo smantellata e smistata verso… le Osborn Chemicals e quelle altre industrie losche?!, se ne rammarica.
Prima che finiscano gli effetti dell’impulso elettromagnetico, il Calabrone Rosso si preoccupa di sabotare i sistemi d’allarme da un pannello che conosce bene, presente in tutte le aree. Sa che non ci vorrà molto prima che il guasto venga segnalato e che arrivi qualcuno, perciò si affretta.
Quest’ala non gli è particolarmente familiare, ma ci aveva fatto un giro, un paio di volte. Era rimasto particolarmente colpito dall’immensa camera piombata che protegge gli scienziati dallo sperimentale generatore di radiazioni. (Per fortuna in prigione gli hanno permesso di consultare alcuni libri della biblioteca, nonostante le restrizioni a suo carico).
L’alieno chiede delucidazioni sulle intenzioni del suo ospite.
”Ti avviso
, non godrai affatto, anzi. Ma è per il bene di entrambi” lo avverte l’Uomo Ragno.
La creatura domanda preoccupata se deve realmente entrare lì.
”Sì… ti sottoporrò ad una dose massiccia e intensa di radiazioni solari. Se la mia teoria è giusta, dovresti sviluppare le stesse inedite capacità che hanno sviluppato i tuoi figli nati sul mio pianeta” spiega Peter.
Venom immagina che farà male e si chiede perché debba sottoporsi a tutto questo.
”Lo so. Ma devi assorbire la tua progenie. Ora come ora, non puoi farlo. E se vuoi diventare capace di assimilare i tuoi simili… devi concentrarti, sforzarti: le radiazioni saranno solo un aiuto. Mi aiuterai?”
Il simbionte ricorda che Peter lo ha rifiutato anni prima, che ha sempre combattuto lui ed Eddie, che improvvisamente sono diventati tutti alleati, solo perché ha bisogno di aiuto.
”Hai ragione, ma Eddie Brock ha guadagnato la mia amicizia e la mia fiducia per tutta la sua vita, nonostante i mal di testa che mi ha fatto venire in passato. Adesso tocca a te”.
”…”
”Allora?”
Venom non risponde: si limita a sgusciare via dal corpo di Norman Osborn e ad infiltrarsi nella camera stagna. Peter si accorge che hanno parlato più velocemente del pensiero, e così non hanno perso che pochi secondi. Si fionda sul pannello di controllo del generatore, facendo mente locale sui dati che deve immettere. Spera di non fare confusione sui valori. Come scienziato, è prima di tutto un chimico, poi un biologo. La fisica non è il suo forte, ma in questi momenti non si direbbe.
Allora… lunghezza d’onda… ampiezza… frequenza… sì…, inizia a sudare, e non è a causa del costume da Calabrone.
Improvvisamente, la camera piombata si illumina a giorno. Nessuno può vederla, perché è completamente schermata dall’esterno. Può solo sentire l’urlo psichico della sua vecchia nemesi. E soffre per essa, per il sacrificio che sta compiendo in nome di un futuro rapporto che Spidey non ha alcuna intenzione di instaurare.

Forest Hills.
Nessuno si è più addormentato, dopo la nefasta telefonata. Mary Jane si è barricata nella stanza di sua zia con la bambina.
Per questo, quando Norman accusa un fortissimo dolore alla testa, tanto intenso da farlo cadere per terra, nessuno se ne accorge.
Cos’era? Un… urlo psichico… il simbionte di Venom… ma cosa vuol dire? No… non può essere… immagina Goblin, ma non vuole credere a ciò che la sua mente gli suggerisce. Ma in fondo… l’alieno di Carnage si è dimostrato sempre più potente del padre, cerca di consolarsi, rialzandosi e mettendosi ancora a guardia della porta.
All’interno della stanza, intanto, le due donne di casa stanno per imbastire una discussione relativamente accesa.
- Questa storia non può
andare avanti, Mary Jane! – inizia a sbraitare Anna Watson.
- Di che parli? – chiede sua nipote, già tesa.
- Finché te la sbrigavi da sola, non ho mai detto niente, in fondo sei adulta e vaccinata… ma adesso c’è di mezzo la bambina!
- Parla chiaro, zia
- Sei tu che mi interrompi. May non può vivere in una situazione del genere! Tuo marito è invischiato in un mondo troppo pericoloso per chiunque… e voi due rischiate sempre di andarci di mezzo, come è già successo!
- Zia, non è colpa di nessuno se Norman Osborn ci odia…
- Ah, no? Peter gli avrà pur fatto qualcosa, se lo ha convinto a uccidere la povera Gwen e quel Reilly, a rapire te, la bambina e May, pace all’anima sua! Dovevamo rimanere a Miami, ecco cosa!!
- Mamma… non gridate… - si lamenta la piccola May, che vorrebbe riposare.
- Hai ragione, tesoro, adesso non parliamo così puoi dormire…
- Papà dov’è?
- E’ qua fuori, sta attento che non entri il lupo cattivo per mangiarsi la zia! – prova a indorare la pillola Mary Jane.
- No, papà non è qua fuori…
- Davvero, è proprio fuori dalla porta – si avvicina Anna per accarezzarla, mortificata di averla fatta spaventare.
- E’ bugia – continua la bambina, inquietando le sue parenti, che si guardano perplesse. Se non altro, May è riuscita a interrompere lo sfogo di Anna, al prezzo, però, di aumentare l’ansia delle donne.

Fra un’ora dovrei essere in facoltà, pensa Norman, guardando il suo orologio, ma non posso rischiare che Parker arrivi qui e spifferi tutto, soprattutto se ha il simbionte di Venom come penso…la cosa migliore è richiamare l’agente dell’FBSA per tranquillizzare la Rossa…
- Mary Jane, apri… - bussa alla porta.
- Sai che non posso, Peter – si rammarica la donna, con la voce attutita dal legno - Niente che mi assicura che sei tu… non dopo quello che mi hai raccontato.
- Va bene, come vuoi. Volevo dirti che non possiamo rimanere così per sempre, finché non lo ritrovano. Che ne dici se faccio venire qualcuno dall’FBSA a stare di guardia? Così la giornata potrebbe scorrere quasi normalmente…
- Preferisci andare a lavorare che stare qui?! – lo rimprovera Anna.
- Peter… e se Goblin ti attaccasse mentre stai andando al campus? – fa eco Mary Jane.
- Non preoccuparti per me, me la saprò cavare… secondo me, la migliore vittoria che possiamo avere su di lui è ignorarlo, dimostrare che non lo temiamo – la rassicura, pensando in realtà proprio all’Uomo Ragno.
- Fa’ come vuoi, Peter – si rassegna Mary Jane.
- Vedrai, andrà tutto bene… - cerca di convincere anche se stesso Norman.

Da quando è in questi panni, sta facendo uno sforzo disumano per controllare i propri impulsi e si augura con tutto il cuore di non lasciarsi mai andare. Spesso e volentieri si ritrova circondato da persone cui, per un motivo o per un altro, nutre rancore--- ad esempio, Mary Jane. Per sua fortuna, è un uomo scaltro e sa cos’è meglio fare: concentrarsi sugli aspetti positivi della sua nuova esistenza rubata. Che importa se a suo tempo la rossa lasciò suo figlio a favore di Parker? E’ pur sempre una bella donna, e lo ama. Liz Allen, poi, è pur sempre figlia di un uomo d’affari, nonostante la sua considerazione di lei abbia sempre rasentato il minimo. Si tratta solo di focalizzare i giusti aspetti, si ripete, prima di recarsi al telefono per chiamare l’FBSA, per poi andare all’università. Non avrebbe mai immaginato di insegnare. Sta seriamente meditando di lasciare la “sua” cattedra fresca, per dedicarsi anima e corpo a riconquistare il posto che merita nella sua industria.

Nel tragitto verso il Queens…
E’ fuggito appena in tempo dal centro ricerche, ormai assediato da forze di polizia di tutti i generi. Spera perlomeno che i piccoli incidenti che lui e Brock hanno provocato nei panni del Calabrone Rosso possano ritardare lo smembramento della TriCorp Foundation.
Per fortuna la città si sta ancora svegliando e le strade sono quasi deserte. Grazie a questo, riesce a non farsi vedere mentre si intrufola in un tombino, al sicuro da coloro che lo stanno cercando. Sente il simbionte lamentarsi: l’esposizione alle radiazioni pseudo-solari non è stata indolore. L’alieno assicura di essere riuscito a mutare come da programma, adesso dovrà dimostrarlo sul campo. Per ora, è ancora aderente al corpo di Norman Osborn, senza però esserne entrato in completa simbiosi.
Finalmente tranquillo, Peter si libera del costume del Calabrone Rosso, poggiandolo sul sudicio pavimento accanto a sé. Manca poco che cada nel torrente melmoso e puzzolente ai suoi piedi.
”Venom… se vuoi… adesso” invoca il Ragno, chiudendo gli occhi in attesa di un forte dolore.
E la spiacevole sensazione arriva, più intensa e insopportabile di quanto potesse immaginare.
La fusione simbiotica è un processo devastante. In fondo, l’alieno penetra illecitamente in tutti gli incavi microscopici che il corpo umano abbia da offrire, espandendo i suoi filamenti molecolari fin nelle cellule.
Tutto pur di riabbracciare le ragazze, pensa Peter, sul punto di vaneggiare dal dolore, ormai piegato sulle sue ginocchia.
Dopo qualche minuto, il rapporto mutualistico è sancito. Pian piano, la dolenzia lascia posto al tepore che Peter aveva solo subodorato con il simbionte su di sé e non dentro di sé.
Venom esprime la sua felicità per il nuovo status quo.
L’Uomo Ragno sente di esser tornato se stesso. E’ vero, è ancora nel corpo di Goblin… ma gli basta tastarsi per sentire la sua massa muscolare, tornata ai vecchi fasti, e gli basta concentrarsi, per sentire la confortante presenza del senso di ragno, e gli basta specchiarsi nella cloaca, riuscendo ad intravedere il suo vero volto, illusione concessa dal simbionte sui suoi attuali lineamenti. Si commuove a quella vista. Per ora sta andando tutto per il meglio.
Un pensiero inconscio porta la sua finta pelle a colorarsi a macchie rosse, che diffondono fino a ricoprirlo interamente del suo classico costume.
Sono pronto.
 
O quasi. C’è qualcosa che vuole fare, che non può rimandare perché non conosce l’esito della battaglia che sta per intraprendere.
Adesso che ha vestito i panni dell’Uomo Ragno, che gli spettano di diritto, riporterà il costume del Calabrone a Hobie.
Anche Prowler saprà delle illegalità commesse con quel costume e vorrà delle spiegazioni, non si fiderà più di me. E non è neanche giusto consegnargli una patata così bollente, potrebbe essere incriminato se venisse scoperto. Disfarsi di un gioiello della tecnologia del genere, poi, sarebbe un vero peccato…
Poco dopo, un sacco nero per lo staff della Tomorrow Inc. viene depositato davanti al portone dell’edificio dell’azienda, non ancora aperta ai suoi dipendenti.
Un biglietto: “Cedo il brevetto al mio idolo, Hobie Brown! By il Calabrone Rosso”. In pratica, rispedito al mittente.

Forest Hills, poco dopo.
Adesso è arrivato il momento della battaglia finale. Deve calcolare ogni dettaglio, non può rischiare di mandare tutto a monte. Non vuole entrare dalla cameretta di May, teme che possa spaventarsi fatalmente, nonostante (o soprattutto per) le raccomandazioni che le ha fatto.
Come sempre, fa affidamento sugli alberi che circondano la casa e si intrufola in una fronda a media altezza. Vede in una finestra se stesso andare avanti e indietro impaziente. Stringe il pugno più forte che può, per la rabbia. In un’altra, invece, intravede tre figure femminili, e non gli ci vuole molto per capire chi siano. Stavolta deve respirare a fondo per contenere l’emozione di rivederle. E’ così che i suoi piani vanno in fumo: sarebbe voluto entrare di soppiatto o in incognito… ma non riesce a trattenere i propri impulsi. E’ rabbia cieca a guidare il suo corpo.
Salta verso la finestra del pianterreno in cui c’è Goblin. Ed entra dal vetro, fragorosamente.
- Adesso basta, impostore! È arrivato il momento di pagare!! – sentenzia, teatralmente, come Arrampicamuri.
E’ riuscito a coglierlo di sorpresa, dal momento che i sensi di ragno si annullano vicendevolmente.
Figlio di puttana!, pensa Goblin, scostandosi dalla finestra dirompente.

Ovviamente anche Mary Jane ha sentito il fragore.
- Oh no! – capisce, mentre sua zia e sua figlia si abbracciano più intensamente. La donna sta per aprire la porta, quando Anna la ferma.
- No, dove credi di andare?!
- Vado a vedere cosa succede a mio marito… voi scappate dal retro! – le incita. In fondo hanno scelto quella stanza perché, attraversate un paio di camere, si raggiunge la cucina con la relativa uscita secondaria.
Quando Mary Jane esce, armata di tutto il suo coraggio, vede Peter Parker e l’Uomo Ragno che si stanno prendendo a pugni. Al suo arrivo, entrambi si fermano a contemplarla, quasi avessero avuto una visione celestiale.
- Mary Jane – risuonano all’unisono le loro voci, ormai identiche.
La rossa rimane immobile. Non capisce se l’Uomo Ragno è un clone o un doppio di un’altra dimensione o è Goblin che ha recuperato un simbionte e si finge tale.
Peter Parker, teatralmente, si sfila la maschera (in realtà un residuo organico dell’alieno plasmato come tale) e mostra il suo volto. Gli dispiace usare il potere dell’alieno per nascondere alla donna che ama il suo vero aspetto, ma non può fare altrimenti.
Goblin, però, non si lascia cogliere alla sprovvista dalla mossa e, abilmente, la rigira a proprio favore.
- Guarda, Mary Jane - grida Norman, tirandosi le guance fino a farsi male - sono io il vero Peter! Guarda invece quest’impostore!
Gli afferra la faccia e gliela strappa letteralmente di dosso, portando alla luce gli odiati lineamenti di Goblin. Un modo molto efficace per convincere Mary Jane da quale parte stare.
- No, Mary Jane… - piagnucola sconsolato Peter
. Sta rovinando tutto!
D’istinto, la rossa battagliera afferra l’oggetto più vicino a sé -  lo specchio accanto all’attaccapanni – e lo rompe in testa a suo marito, inconsapevole.
Ovvio che il gesto è puramente simbolico, l’arrampicamuri non ha praticamente sentito il colpo. Ma gli fa male comunque.
Sette anni di guai, prova ad ironizzare dentro di sé, invano.
- Scappa, amore! – la incita saggiamente Goblin e, sconvolta, la moglie dell’Uomo Ragno segue il consiglio, correndo a raggiungere sua figlia in attesa che arrivi qualcuno dell’FBSA. In fondo è inerme contro quella minaccia.
- Adesso possiamo giocare a modo nostro – sorride inquietantemente il finto Peter, sferrando un potente gancio che scaraventa l’Uomo Ragno sul muro opposto.
- Non ho parole per quello che hai fatto – dice Peter Parker, rimettendosi in piedi.
- Neanch’io. Semplicemente perfetto – lo canzona Norman Osborn.
Come animali in sfida, le nemesi si guardano a distanza in cagnesco, ma non muovono un dito.
- Credimi… se c’è una cosa che vorrei fare, è pestarti a sangue per sfogare la mia rabbia…
- Provaci pure…
- … ma ho fretta di tornare nel mio corpo.
- Pensi di poter invertire il processo con quel patetico simbionte? L’evoluzione è dalla mia parte – si vanta Goblin.
- Sai perché hai perso sempre contro di me? Mi hai sempre sottovalutato e ti sei sempre sopravvalutato. Se avessi fatto il contrario…
Norman non ha nemmeno il tempo di incupire la sua espressione che il Ragno gli salta addosso, con i filamenti alieni protesi verso di lui.
Non una parola da parte dei due. Sebbene in questo contesto nessuno dei due possa far affidamento sul sesto senso aracnide, i loro riflessi sono sovraumani, tanto più quelli di Goblin, che sferra all’ultimo momento un calcio per contrastare l’assalto. Il Ragno afferra l’avversario per il collo mentre viene colpito e in questo modo riesce a trascinarlo con sé. Rotolano sul pavimento come bambini riottosi, ma è l’odio a guidare le loro azioni.
La sarabanda si ferma, i due sono l’uno sull’altro, i simbionti filamentosi.
Un secondo sembra durare un’eternità, dopo la quale le propaggini aliene, rosse e nere, si avviluppano vicendevolmente, penetrando le une nelle altre.
- Non riuscirai nel tuo intento – digrigna i denti Goblin, infastidito dalla forza che gli sta opponendo l’Uomo Ragno (Eppure, alieno escluso, il mio corpo dovrebbe essere totalmente inerme…) e del simbionte di Venom, che sta violando la sua sfera personale. Ha capito che Parker vuole invertire il processo, ma si convince che non ha speranze di riuscirci.
Le cellule aliene si mescolano, in un reciproco e frenetico tentativo di assorbirsi. Venom vuole effettuare un nuovo scambio di menti, Carnage vuole impedirlo, sotto l’egida del suo attuale possessore, che lo usa completamente alla sua mercé.
I contendenti umani, improvvisamente, perdono i sensi, sul piano fisico, mentre i loro corpi sono completamente immersi e avvinghiati in una massa informe di tessuti alieni.
In un attimo l’Uomo Ragno, Venom, Goblin e Carnage diventano un’unica cosa.
E lo scontro tra le quattro entità si prospetta difficile.

In uno stato indefinito della coscienza…
Peter Parker e Norman Osborn si ritrovano proiettati in uno scenario surreale, che non riescono a spiegarsi. Un secondo fa stavano combattendo nell’atrio di una villetta di Forest Hills, adesso invece… adesso i due sono vestiti come gladiatori, al centro di un’enorme anfiteatro, come quelli che si vedono nei film. Sugli spalti, indistinte, vedono figure note che li turbano. I fantasmi del loro passato e del loro presente. Uno scenario molto cinematografico.
- Cosa diavolo succede?! – si chiede Goblin, resosi conto dell’impossibile situazione.
- Non lo so… ma sono abituato a trip mentali e viaggi in altre dimensioni… di sicuro non siamo nel mondo reale… e questo vuol dire che posso sfogarmi impunemente – sentenzia minaccioso l’Uomo Ragno, ignorando gli sguardi dell’immaginaria platea e correndo incontro al suo nemico con il gladio brandito dalle sue mani.
Anche Goblin ne impugna uno, e non perde tempo ad opporlo al suo simile.
- Tu sai perché ci troviamo qui – allude Norman, parando il colpo.
- Quanto lo sai tu. Siamo sul piano mentale, questo è uno scontro tra volontà.
- So anche che la vittoria non dipende da noi… ma soprattutto dai nostri simbionti e dalla loro voglia di assorbire l’altro.
- Anche da loro. E la mia rabbia ti sopraffarà – lo avverte collerico Peter - Questo scenario lo sottolinea… il nostro odio è atavico.
- Molto poetico da parte nostra – scherza il Folletto.
- Concordo, il nostro subconscio ha un micidiale senso dell’umorismo - fa sfoggio della sua ironia Spidey, persino in una situazione del genere. I due continuano a parlare durante la lotta, pura metafora di uno scontro tutto mentale.
- Perché? Perché siamo arrivati a questo?! – cambia improvvisamente tono il Ragno.
- Tu mi hai rovinato la vita!
- Chiacchiere! Impazzivi solo all’idea che un ragazzino potesse ostacolare le tue brame di conquista!
- Hai perfettamente ragione. Se tu non fossi mai nato, adesso sarei il signore di New York… ed Harry sarebbe ancora vivo, sposato con tua moglie! – diventa più aggressivo nei suoi fendenti Goblin.
- Non riuscirai
a farmi venire sensi di colpa… non tu! Io so come sarebbe stata la mia vita senza di te!
- Entrambi saremmo stati meglio senza l’altro!
- Ma io ho sempre fatto la cosa giusta… volevi conquistare un potere illegale, e ti ho fermato!
- Chi decide cosa è legale e cosa no? I veri uomini sono al di sopra delle convenzioni!
- Non commento! – grida Peter, mancando per un pelo l’avversario.
Per qualche secondo, i due gladiatori tacciono, presi dalla schermaglia, distratti dall’innaturale silenzio delle sagome sulle gradinate.
- Non mi hai ancora risposto!
- Cosa vuoi?!
- Perché siamo arrivati a questo punto!? Perché mi odi tanto!?
- Tu… e me lo chiedi pure?! Il miglior amico di mio figlio mi stava sfidando, invece di collaborare con me! Insieme avremmo avuto in pugno la città, senza nessuno in grado di fermarci!
- Ero un ragazzino, dannazione! Come potevi pensare che avessi certe aspirazioni?!
- Chi non desidera il potere?!
- Molti chiedono solo una vita tranquilla e serena, non sono tutti squali come te! La verità è un’altra!
- Sentiamo!
- Tu mi hai
sempre invidiato!
- Questa è la tua miglior battuta, Parker!
- E invece no! Ero un ragazzino emarginato, e in pochi anni ero riuscito a conquistare l’affetto di tuo figlio più di quanto avessi mai fatto tu, avevo due meravigliose ragazze che mi volevano bene, una zia che mi ha sempre adorato…
- Basta con queste fandonie!
- Ti bruciano, vero?! Proprio come adesso, ti sei umiliato ad impersonarmi, pur di avere la mia vita, la mia famiglia, il mio lavoro! Tu non hai mai avuto niente che valesse davvero, e se ce l’avevi non te ne rendevi conto!
- No, zitto! Tu non sai niente!
- Buffone invidioso – lo liquida l’Uomo Ragno, trovando finalmente un fianco scoperto e riuscendo a infliggergli un colpo. Un gesto carico di conseguenze invisibili.
- No… - si accascia Goblin, dissolvendosi. Ciò significa anche che Venom, il padre, ha finalmente sopraffatto Carnage, il figlio. E’ riuscito ad assorbirlo dentro di sé.
Adesso niente si oppone ad un nuovo scambio di menti.
L’Uomo Ragno, esausto, non ha neanche il tempo di godersi la vittoria che si sente risucchiato da un irresistibile vortice, trascinato con violenza nel tunnel psionico che lo riporterà nel suo corpo.
Quando riapre gli occhi, capisce di non essere ancora del tutto cosciente. E’ nudo, vestito solo di una fitta oscurità, improvvisamente squarciata da una minacciosa sagoma.
L’avatar psichico di fronte a lui cambia aspetto ad ogni passo: un indefinito simbionte, Venom, Carnage, Scream e gli altri parti della Fondazione per la Vita, Goblin. Una caratteristica della specie è la conservazione di una memoria genetica… e adesso questo esemplare è l’ultimo superstite… la specie stessa, memore degli ospiti terrestri che ha avuto.
- Non mi spaventi… - rimane fermo l’Uomo Ragno. Capisce la situazione: stavolta è l’alieno a voler prendere possesso del suo corpo; ha capito che l’arrampicamuri non ha alcuna intenzione di sostenere il legame simbiotico. - … pensi di potermi vincere, proprio adesso che esco dalla mia battaglia più dura?!
L’alieno, sadicamente, gli ricorda che dovrebbe essere stanco adesso. E il tessiragnatele sa che è vero, ma non ha la minima intenzione di lasciarsi andare.
- E allora? – replica, mentre dalla sua mano si proietta una spada mentale che in un attimo trapassa da parte a parte l’extraterrestre, facendolo esplodere in un lampo di luce.

Forest Hills.
Peter Parker riapre gli occhi, stremato. Non sente più alcuna voce, capisce di essere riuscito nel suo intento: ha annichilito la volontà dell’alieno, che adesso giace nel suo corpo in stato pseudo-comatoso.
A fatica, si solleva dal pavimento e guarda accanto a sé.
Norman Osborn è lì, incosciente, inerme, distrutto psicologicamente e fisicamente. Sarebbe così facile ucciderlo, spacciare il gesto come legittima difesa e finire lì la faida. Ma non si chiamerebbe P.P. se lo pensasse solo consciamente.
Con sguardo catatonico, con una serie di gesti meccanici, Spidey lega Goblin ad una sedia con solide funi recuperate nel ripostiglio.
La porta di casa Parker viene sfondata con un calcio da un agente dell’FBSA.
- Parker! Osborn! – grida, con la pistola a spianargli la strada, ma l’abbassa subito quando si rende conto che la situazione è sotto controllo.

- … e il simbionte alieno dev’essere fuggito nella confusione – finisce di imbastire una storia l’arrampicamuri.
- Bella storia. Complimenti, comunque, per essersela cavata da solo – si congratula l’agente, mentre redige il verbale.
- Goblin è un normale essere umano, al momento… come me.
- Vuole farsi vedere da un medico?
- No, no, grazie… avrò solo qualche ecchimosi per qualche giorno…
- Come vuole. Firmi qui, per piacere.
Un paio di minuti dopo, la famiglia Parker torna a casa. Contemporaneamente, un dubbio assale Peter.
Devo parlare di tutto questo a Mary Jane?
Se, come pensa, non ha subodorato niente, parlarle dello scambio le farebbe molto male (come ne farebbe al loro rapporto). Forse è meglio tacerle la cosa, per il bene di tutti.
- Peter… come stai?
- Sto bene, sto bene… e voi? La bambina? – chiede, rivolgendosi proprio a May.
- Papà! Sei proprio tu! – gli salta addosso, aggrappandosi e riuscendo a farsi prendere in braccio.
- Certo che sono io, tesoro… Anna, tutto bene?
- Ufficialmente sì – risponde la donna con fare torvo, congedandosi.
- Agente – chiede Mary Jane – non siamo particolarmente soddisfatti di come siano andate le cose…
- Signora, la capisco…
- Quell’uomo – non lo fa parlare, indicando Goblin portato via in catene – è fuggito da tre prigioni diverse da quando è stato arrestato! Sa cosa significa?
- Che c’è qualcosa che non va – la anticipa con un mezzo sorriso – l’FBSA farà tutto ciò che è in suo potere per prevenire altri episodi del genere, glielo assicuro.
- Lo spero…

Peter è sulle spine. Non ha detto niente a Mary Jane di cosa è davvero successo. E il suo corpo ospita ancora un pericoloso (?) simbionte alieno, all’insaputa di tutti. Ha bisogno di andarsene, anche per schiarirsi le idee. Definirlo confuso è un eufemismo: solo adesso sta realizzando di essere di nuovo nel suo corpo. Con discrezione, va in camera da letto, si spoglia e indossa la calzamaglia da Uomo Ragno, studiando con stupore allo specchio un cerimoniale che ha già fatto migliaia di volte, come se fosse la prima. Il senso di ragno lo avvisa debolmente che sua moglie sta entrando.
- Tigrotto… cosa fai?
- Io… - si volta imbarazzato - … voglio controllare che Osborn arrivi a destinazione. Non sto tranquillo, con queste autorità… inefficienti.
- Come fai per l’università?
- L’FBSA ha chiamato in facoltà e ha avvisato di quello che è successo, ho la mattinata libera. Appena mi tranquillizzo… torno da voi e passiamo qualche ora insieme, ok?
Gli fa male dire quelle parole: non ha altro desiderio che stare con loro, ma c’è una cosa che deve fare.

TriCorp Pharmaceuticals.
Il tessiragnatele irrompe nella nuova sezione di xenobiologia dell’ex (?) fondazione TriCorp, ancora in allestimento nella vecchia Morelle Pharmaceuticals, con una lucente palla nera tra le mani. Non è sicuro che sia la cosa giusta, ma sicuramente studiare il simbionte alieno – che ha ampiamente dimostrato la sua virtuale onnipotenza in campo biologico – non potrà che dare una grossa spinta in avanti a qualsiasi ricerca sanitaria, anche se è consapevole che qualcuno lo sfrutterà a proprio vantaggio, e che Venom fuggirà almeno una mezza dozzina di volte dal centro, com’è consuetudine. Si consola all’idea di essere riuscito a domare a tal punto l’alieno, come solo… Norman Osborn era riuscito a fare.
In realtà non ha seguito il suo percorso fino alla prigione – quale poi? Probabilmente un carcere ordinario, vista la completa perdita di poteri da parte sua. Non l’ha fatto perché altrimenti il suo odio nei suoi confronti si sarebbe rinnovato alla sua vista. E non ha voglia di alterarsi ulteriormente.
- Uomo Ragno – chiede un suo collega – sa che dovrebbe dirci dove l’ha recuperato, e che potrebbero anche accusarla del furto?
- Bel ringraziamento – saluta come un militare, risalendo sul tetto.
E’ ora di tornare a casa.
Per fortuna volteggerà un po’ prima di arrivarci.

Note
E così, tutto è tornato alla normalità. Non illudetevi, però, che la “saga” di Goblin sia finita!



[1] Leggete l’omonima serie di Valerio Pastore, in cui milita appunto Molten!

[2] Su “L’Uomo Ragno”#2.

[3] Su “L’Uomo Ragno” 142.

[4] V. per esempio “Knight Team 7”#6 di Valerio Pastore.

[5] Per esempio, date un’occhiata a “I Difensori”#20 di Fabio Volino.

[6] Su “L’Uomo Ragno Deluxe” 18.

[7] Come rivelato su “Webspinners”#3.

[8] Il perché è vagamente deducibile da “Webspinners”#4.

[9] Su “La tela del Ragno”#3.

[10] Sin da L’Uomo Ragno 266, Marvel Italia.

[11] Su “L’Uomo Ragno DeLuxe” 20, Marvel Italia.

[12] Parla del vero Norman Osborn. Vedi il #10.